lunedì 6 maggio 2019

VERITÀ VO CERCANDO CH'E' SI CARA...


Certamente, sul piano mediatico - per ora - le rivelazioni del nuovo testimone Davide Vannicola, fatte a Giulio Goria de le Lene sulla tragedia di Marco Vannini, sono piuttosto shoccanti e scabrose.
Racconta delle confidenze ricevute dal suo amico maresciallo Izzo - all’epoca comandante della Caserma dei Carabinieri di Ladispoli - che avrebbe ricevuto una prima telefonata dal Ciontoli padre, che gli chiedeva aiuto per “risolvere un guaio commesso dai suoi famigliari”. La risposta dello stesso sarebbe stata quella di prendersi lui la colpa, visto che, facendo parte de Servizi, non avrebbe subito pesanti conseguenze, preclusioni e condanne più di tanto, mentre il figlio giovane …”
Una telefonata, fatta addirittura prima della chiamata al 118 di Federico e annullata poi dalla madre, mai messa agli atti e che, in quei pochi minuti, avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte d Marco, se solo il maresciallo l’avesse riferita ai sanitari.
Accuse che Izzo respinge con fermezza.

Insomma, secondo quando raccontato dal testimone, quella sera a sparare a Marco non sarebbe stato Antonio Ciontoli, ma il figlio Federico.
Tra le altre confidenze dell’amico carabiniere, il tardivo testimone Davide, artigiano che produce borse a Tolfa, e sua moglie, parlano del rapporto d’amicizia tra Izzo e Ciontoli, del maresciallo che lo avrebbe addirittura accompagnato nella sua bottega per fargli acquistare una catana “con una fondina dentro per la pistola”. Addirittura Davide avrebbe assistito a una chiamata tra Izzo e Ciontoli nella quale il maresciallo dei Carabinieri avrebbe detto “quando ci vediamo ti regalo la pistola”.
Appare ambigua ed inquietante la posizione del maresciallo Izzo che, incalzato da Golia che gli evidenzia qualche incongruenza, prende le distanze dalle affermazioni emerse: “La verità processuale è un’altra”. Poi nega tutto.
Nega di aver accompagnato Ciontoli a Tolfa per comprare la borsa dal suo amico Davide. 
Nega tutti i fatti riportati e ridimensiona il presunto rapporto di amicizia con lo stesso Vannicola. Aggiungendo che “con Ciontoli non ho mai preso un caffè”, in contraddizione con quanto dichiarato in aula durante la sua testimonianza.
E poi, in chiusura del servizio televisivo, quella ambigua frase a Golia: “Ne riparliamo tra quattro anni”.
Che sia in atto una guerra interna? Si domanda Golia.
E, con il “può darsi” di Izzo, cala, al momento, il sipario di questa assurdo gioco delle parti.

A chi o a cosa credere, quindi?
Alle risposte subdole e sfuggenti, e quanto mai elusive, dell’impacciato comandante Izzo, che respinge, con imbarazzo e fastidio, ogni presunta evidenza?
Alle nuove dichiarazioni dell’artigiano tolfetano, arrivate dal nulla dopo quattro anni, e rivelate a un programma televisivo – come, peraltro, è ormai normale e largamente in uso oggi nel circo mediatico – e non all’autorità giudiziaria, agli avvocati di parte civile o al PM? Che dette testimonianze siano state rilasciate in TV per puro esibizionismo, per insana voglia di protagonismo di coppia (marito e moglie)?
Che siano entrambi mitomani?
O che abbia prevalso, alla fine, il caso di coscienza, un tardivo rigurgito morale che ha sconfitto la paura di schierarsi contro un amico, contro un sistema di potere e di affrontare conseguenze e possibili minacce o ritorsioni?
Ora se ne dovrà occupare la magistratura e, soprattutto, la Cassazione.
(Alfredo Laurano)


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