mercoledì 22 maggio 2019

NON C'È MINISTRO SENZA UN MAESTRO


Accusata di aver accostato la figura di Matteo Salvini a quella di Mussolini, una docente è stata sospesa e allontanata dalla scuola di Palermo perché non avrebbe vigilato sul lavoro dei suoi studenti 14enni.
In occasione della giornata della Memoria, avevano elaborato un video che accostava la promulgazione delle leggi razziali del 1938 al decreto sicurezza del ministro Salvini: diritti umani violati in quelle leggi, come anche, sembrerebbe, in alcuni punti dello stesso decreto. Dibattiti, riflessioni, opinioni, confronti, ma nessun intento polemico, aveva precisato la prof.
E' indubbio, scrive Antonio Sabia, giovane insegnante, precario, di 30 anni di Potenza, che l'unica bellezza possibile, per chi svolge il nostro ruolo, risieda nella capacità con la quale gli insegnanti aiutano a fare sbocciare i propri alunni, tirando fuori il meglio dalle loro capacità.
Mi chiedo cosa altro avrebbe potuto fare la collega palermitana su cui si è abbattuta la sciabola della ‘giustizia’ se non stimolare i suoi alunni a ragionare sul presente? Può mai essere considerato un reato ‘non sorvegliare’ lo sviluppo delle capacità critiche?
Se l'insegnante deve essere quel giardiniere che cura i suoi fiori in maniera tale che tutti possano sbocciare nel massimo della loro bellezza, ciò non può avvenire se si blocca la capacità di porsi continue domande, se si costringono gli alunni a non pensare o, peggio ancora, a pensare solo quello che qualcuno ha imposto loro. È un po' come se il giardiniere costringesse una pianta di gelsomino a far fiorire una rosa!

Sì, ma a scuola non si fa politica’, potrebbe obiettare qualcuno. Quando gli alunni si riuniscono in un'assemblea di classe o di istituto stanno già esercitando i presupposti di un agire politico, imparando a conoscere la democrazia sin da subito. Quando noi insegnanti di Storia spieghiamo la Grecia classica e raccontiamo dell'età di Pericle, con le sue leggi in favore dei ceti più poveri per un accesso gratuito alla cultura o della ‘retribuzione’ per chi partecipava alle assemblee cittadine, noi stiamo già facendo politica, perché è a partire da queste conoscenze che si sviluppa la coscienza politica.
Noi a scuola ‘facciamo politica’ ogni qualvolta spieghiamo il contrappasso dantesco, le conquiste di Alessandro Magno o il Principe di Machiavelli. A qualcuno sicuramente non piace, perché, come diceva Don Milani, noi stiamo formando i cittadini che in futuro cambieranno queste leggi.
Farebbero bene a ricordarsi l'etimologia della parola che li qualifica: ‘minister’, servitore, dal latino ‘minus’, cioè meno, minore rispetto al ‘magister’, maestro, da ‘magis’, ovvero più, al di sopra. Perché non può esistere nessun ministro se non ci sono maestri, o professori, che facciano bene il loro mestiere.
Cioè liberi.
21 maggio 2018 (Alfredo Laurano)

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