sabato 11 maggio 2019

QUEL NOVE MAGGIO


E’ doveroso ricordare il sacrificio di Aldo Moro.
Quarantuno anni fa, il 9 maggio 1978, veniva ritrovato il suo corpo nel bagagliaio di una Renault 4, rossa, abbandonata in via Caetani, a Roma, ucciso dalle Brigate rosse dopo 55 giorni di prigionia.
Il suo assassinio sconvolse non solo l’Italia e il suo intero popolo.
Ma quel 9 maggio fu anche il giorno della morte di Peppino Impastato, il trentenne giornalista e attivista siciliano, fatto saltare col tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani per far credere che si trattasse di un attentato terroristico suicida. In realtà, fu ucciso dalla mafia, a Cinisi, per ordine del boss Gaetano Badalamenti.
Peppino, però, ebbe il torto di farsi ammazzare proprio il giorno del ritrovamento del corpo di Moro e, quindi, fu quasi ignorato dalla grande macchina mediatica, che oscurò completamente la notizia di quell’omicidio di provincia.
Ricordare quel giorno, quel 9 maggio di tanto tempo fa, e queste due figure epiche e leggendarie, nei rispettivi ruoli e nella opportuna dimensione etica e valoriale, genera una certa emozione, soprattutto a chi ha vissuto gli eventi di quel tempo.
Le nuove generazioni hanno bisogno di conoscere queste storie che, al di là dell’omaggio alla memoria, dell’emotività narrativa, del possibile rischio didascalico o retorico, trasmettono messaggi educativi, rilanciano ideali popolari e sensibilità sociali, spesso dimenticati.
Il futuro si può costruire anche in questo modo, perché la mafia e il terrorismo uccidono e il silenzio e l’oblio pure. (Alfredo Laurano)

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