venerdì 3 maggio 2019

CHE BEFFA MORIRE IL PRIMO MAGGIO


Morire sul lavoro il giorno della Festa dei Lavoratori, non è solo una tragedia umana e familiare, ma anche un gioco macabro di un destino irrispettoso e a tutto indifferente.
E’ una cinica e crudele presa in giro della nostra precarietà, una bizzarra parodia del caso, che nulla considera e tutto contraddice: ogni comune logica, ogni effimera razionalità, ogni gracile tentativo di indulgenza esistenziale. E’ una legge inflessibile che non conosce eccezioni, che non fa sconti e non osserva feste o ricorrenze.

Alessandro Ziliani, muratore bergamasco di 50 anni, è infatti morto il primo maggio, schiacciato da un enorme blocco di cemento che non gli ha lasciato scampo. Nonostante fosse un giorno di festa, l'uomo stava operando in un'azienda agricola in provincia di Piacenza.
Morire in un momento in cui nel mondo si celebra solennemente l'importanza sociale e umana del lavoro stesso ma, soprattutto, mentre si discute di tutela, protezione e vigilanza nei cantieri, nei mestieri e nelle attività produttive, ha un che di ulteriore beffa, di tragicomica congiunzione non del tutto casuale. Come fosse voluta e premeditata.
Il paradosso, per l’appunto, è che, nello stesso tempo, a pochi chilometri di distanza, Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, dal palco di piazza Maggiore a Bologna sbraitava e richiamava, ancora una volta, l'attenzione sulla sicurezza e la prevenzione nei luoghi di lavoro: "La sicurezza che vogliamo in questo Paese è quella di non morire sul lavoro".

Ma la tragedia piacentina non è stata l'unico incidente grave sul lavoro che ha funestato il primo maggio: a Gragnano due operai sono caduti dal quinto piano di un'abitazione nel palazzo, dove stavano lavorando per una ristrutturazione. Sono sotto osservazione ma non rischiano la vita. Un altro, a Forlì, è stato invece travolto da un muletto all'aeroporto. È ricoverato in prognosi riservata. E nel palermitano, un muratore di 62 anni è morto cadendo da un balcone che stava ristrutturando.

Sono, comunque, sempre troppi e insopportabili gli omicidi e le “morti bianche”, dovuti a incidenti sul lavoro, spesso causati dal mancato rispetto delle norme di sicurezza. Quasi fosse genetico, per esempio, rischiare di cadere da un ponteggio o essere travolto da un muro o da una gru.
Soprattutto, quando, ancora oggi, sembra essere più normale investire per aumentare i guadagni, piuttosto che spendere in termini di prevenzione, manutenzione e sicurezza.
Non si può e non si deve morire di lavoro.
(Alfredo Laurano)

Nessun commento:

Posta un commento