lunedì 25 giugno 2018

IL RUSPANTE

...Regnando bastoni
Un personaggio più unico che raro. Un politico fai da te, ruspante come un galletto cresciuto razzolando nell’aia di famiglia.
Ministro dell’Interno, vice presidente del Consiglio, Capo della Lega, nonché della Padania, di cui non si parla quasi più.
Si sta impadronendo di un governo tutto fare, fagocitando il giovane Di Maio, e le altre stelle, esaurito dalla lunga e difficile trattativa per quell’accordo, che gli ha permesso di restare a galla, senza sprofondare nel fallimento di un obiettivo assai vicino, ma quasi evaporato. Un successo ottenuto nei tempi supplementari o di recupero, all’ultimo minuto, che oggi lo costringe a moderare, a frenare, a contenere e smussare dichiarazioni e proclami a tutto campo del masaniello padano, che ha la metà dei suoi parlamentari.
Anche il premier ufficiale Giuseppe Conte, ripescato nella lotteria dei passi perduti, è apparentemente telecomandato, si muove con discrezione, con fare istituzionale e senza far troppo rumore.
Insomma, il guascone Salvini, a dispetto dei suoi ruoli, è salito sul ponte di comando, ha scoperto e rilanciato con successo la politica dal basso, da bar, da stadio o da pizzeria. Quella facile, immediata, istintiva e malpancista che sfrutta gli umori popolari, la rabbia repressa, l’odio e la xenofobia, attraverso il linguaggio semplice e incisivo dei social e della contrapposizione. Quella che ama, capisce e apprezza il cosiddetto italiano medio, insieme alla ex casalinga di Voghera, ormai in pensione, che coltivano l’orticello proprio, perimetrato da interessi e tornaconto personale.
Parla, scrive, twitta come si fa fra amici ed avventori occasionali, tra un bicchiere e l’altro, e dice ciò che molti vogliono e si aspettano che dica: una battuta sul Milan e la campagna acquisti, una sui vaccini che son troppi e non tutti necessari, un’altra sulla sicurezza e la legittima difesa, una scelta minacciosa su Ong, su migranti e porti chiusi, su campi nomadi e censimenti, con o senza ruspe.
Nord, felpe, secessione, sacro Po, Roma ladrona e Alberto da Giussano sono rimasti solo nei ricordi dei più anziani e nelle spille, all’occhiello delle giacche dei leghisti più eleganti.
Gli va riconosciuta una grande capacità di comunicazione, un uso spericolato e chiaro del linguaggio, anche non verbale, unito a una presenza continua e pressante dappertutto, a un fare diretto e a un abbigliamento informale e familiare
Tutto ciò miete plausi e consensi e gli permette di ricattare, a suon di numeri e sondaggi, i suoi preoccupati coinquilini.
E, prima o poi, arriveranno, forse, pure i fatti.
Pregate, toccatevi, fate pegno o fate vobis.
 24 giugno 2018 (Alfredo Laurano)



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