sabato 16 giugno 2018

AIUTIAMOLI A CASA LORO: NEI NUOVI LAGER

Tutti ormai sappiamo che in Libia si consumano violenze come nei campi nazisti. Ce lo hanno documentato varie inchieste e reportage, ce lo raccontano Viviano e Ziniti, in "Non lasciamoli soli", dove ci spiegano quanto sia atroce quello accade al di là del mare nostrum.
L’inferno esiste ed è proprio in Libia. 
Centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini vengono ogni giorno torturati nel fisico e annientati nella mente, proprio come nei campi di concentramento. Sepolti vivi e dimenticati in quell’enorme buco nero che è diventata la Libia dopo gli accordi dell’estate scorsa tra il governo italiano di Gentiloni-Minniti e quello di Fayez Al Sarraj. Quell’intesa, definita “disumana” dalle Nazioni Unite, ha trasformato il paese africano in una trappola mortale: i migranti che vogliono arrivare in Europa, ma anche quelli che sono stati respinti, vengono portati nei centri di detenzione, i nuovi lager.
In Libia attualmente ce ne sono 34, controllati dal Ministero dell’Interno di Tripoli e, di questi, solo una ventina sono quelli che le agenzie Onu, Oim e Unhcr hanno potuto visitare.

Quello che accade in quei luoghi è atroce. Da quando le partenze verso l’Italia sono rallentate, qui i tempi di permanenza dei migranti si sono notevolmente allungati.
Chi è riuscito a fuggire da quei lager, ha raccontato di donne e bambine violentate da decine di uomini, costrette a prostituirsi, e di ragazzi che, arrivati in Libia, dopo mille peripezie, per poi cercare di raggiungere l’Europa, hanno scelto di diventare loro stessi torturatori.
Poi ci sono quelli che vengono utilizzati per fare i becchini del mare, raccogliendo migliaia di corpi di uomini, donne e bambini, senza gambe, braccia, a volte senza testa e che tutti i giorni sono costretti a riempire le fosse comuni, sotto le dune di sabbia del deserto. In tre anni di corpi ne ha raccolti a migliaia.
Tutto questo mentre l’Italia ha deciso di addestrare, finanziare e dotare di motovedette la guardia costiera libica, che non fa altro che riportare quelle persone nei centri di detenzione. Hanno fatto il giro del mondo le immagini registrate dalle telecamere della nave della Ong Sea Watch in acque internazionali in cui si vedono i miliziani della guardia costiera libica maltrattare e gettare in mare i migranti che cercavano aiuto.
La strategia dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, che oggi critica il comportamento di Matteo Salvini, non sembra abbia fatto di meglio con i “respingimenti concordati” con questi trafficanti.
È stato un patto criminale quello stretto con Fayez Al Sarraj e alcune tribù del Sud della Libia?
Quando l’Onu l’ha denunciato, l’ex governo e la maggioranza sono rimasti in silenzio. Perché l’accordo (riccamente finanziato) tra Italia e Libia ha avuto come conseguenza quella di allungare i tempi di permanenza nei lager.
Certamente è stato un patto criminale, perché gli sbarchi sono stati ridotti, ma hanno intrappolato in Libia centinaia di migliaia di migranti, ridotti a schiavi e soggetti a ogni tipo di tortura.
La verità è che nessun accordo potrà arrestare il flusso migratorio epocale di questi ultimi anni, perché le cause sono da ricercare nelle drammatiche condizioni di vita di buona parte dei paesi dell’Africa. Dopo che li abbiamo sfruttati da sempre, non possiamo far finta che non esistano, ancora più perché oggi l’Africa è un nuovo campo di semina della jihad.
15 giugno 2018 (Alfredo Laurano)



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