giovedì 20 luglio 2017

E' D'OBBLIGO

A nome della corporazione dei “professori, dei giuristi e degli intellettualoidi falliti”, chiamati in causa da soggetti arroganti e presuntuosi che, su queste pagine di pubblico dibattito (Verità e Giustizia per Marco Vannini), sparano granate di ignoranza e maleducazione, offendendo chi si permette di avere un’idea diversa dalla loro, vorrei precisare che:
fermo l’insopprimibile diritto di pensare ed esprimersi in assoluta libertà, come e quando lo si voglia, nessuno, e tanto meno lo scrivente, intende dimostrare di conoscere la lingua italiana, né sforna parole “forbite” per creare effetti speciali. Semplicemente, usa il proprio linguaggio per comunicare, come chi invece usa disegnini, geroglifici o suoni gutturali. Non siamo in accademia, a un esame o a un telequiz. E nemmeno nell’era primitiva.

Non spetta a me sciogliere i dubbi sulla dinamica dei fatti che hanno portato alla morte di Marco: per questo esistono i Tribunali ed i processi. La Giustizia deve fare il suo corso e arrivare alle giuste condanne.
Non ha senso, ribadisco (e questo, per chi non l’avesse compreso, era lo spirito vero e unico della mia riflessione), accostare e confrontare casi diversi, ognuno nella sua specificità, per sottolineare che Bossetti, Bonincontri, Parolisi, Sorgato e tutti gli altri stanno in galera e i Ciontoli ancora no. È un obbrobrio giuridico e, prima ancora della logica e della razionalità.

Come pretestuosa e ricorrente è l’affermazione banale e qualunquistica di chi ancora si compiace di ricordare, ritenendo di suscitare presunte crisi di coscienza, “vorrei vedere se fosse stato tuo figlio!” Tutti siamo genitori, tutti ci identifichiamo, tutti vogliamo bene a Marco e alla sua famiglia, ma la legge prescinde dai ruoli sociali di ciascuno.

In conclusione, invocando ancora l’inalienabile diritto alla pacifica convivenza delle idee e il dovuto rispetto della civiltà umana e giuridica, vorrei rassicurare qualche saccente sconosciuto che qui nessun amico (né Andrea, né Rosy Bindi, né altri) intende “fare il fenomeno” sulla pelle di una innocente vittima, sacrificata sull’altare della stoltezza e della malvagia pochezza umana.

Nessuno si abbasserebbe a forme di speculazioni così grette e meschine. Marco avrà comunque giustizia. (A. La.)

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