lunedì 3 luglio 2017

ADDIO POTEMKIN

Il sadico professor Kranz, il sottomesso impiegato Fracchia, il mitico Fantozzi: tutti nello stesso, unico Villaggio. Un Villaggio che ha creato un genere particolare e nazional-popolare, un’epoca letteraria e cinematografica, nata dal cabaret e dalla televisione.
Confesso di non aver mai amato molto quel genere di comicità immediata, scontata, surreale, irritante e anche banale.
Non mi hanno mai fatto ridere quelle smorfie, quelle linguacce, quella gestualità, quelle espressioni cariche ed esagerate.
Pur nel sarcasmo, pur nell'esasperazione della parodia, peròquelle maschere di pavido perdente, inconsapevolmente rassegnato nella sua condizione di emarginato, di masochista contento di subire, votato al sacrificio e alla malinconia perenne, hanno forse dato conforto a chi ha dovuto condividere nella realtà proprio quella paradossale condizione. Hanno creato una galleria di "bestiale" umanità e uno stile proprio.
“Ossequi, mega Direttore Gran Lupo Mannaro, come è umano lei!”

Ora, la “pazzesca” corazzata Potemkin è affondata perché il suo moderno esegeta se ne è andato stamattina e non potrà più citarla e criticarla, per recuperare un anelito di libertà, una parvenza di coraggio e ribellione.
E' il momento della tristezza e della malinconia vera.
L’impiegato vessato, codardo, ma profondamente umano, non c’è più.
E non c’è più niente da ridere, da commiserare, da ridicolizzare delle sue epiche sventure.
Resta l’amarezza per l’uscita di scena di un personaggio stravagante, anche nella vita, che ha rappresentato, comunque, un pezzo di una certa società, vittima del potere e dei piani alti.
Che ha fatto ridere molti e che ora ha raggiunto quella nuvoletta fantozziana, bagnata, come sempre, di fastidiosa pioggia e, ora, anche di lacrime.
(Alfredo Laurano)



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