lunedì 4 aprile 2016

VELO CONTRO VELO

Tra qualche giorno, Air France riprenderà il collegamento aereo Parigi-Teheran, interrotto otto, nove anni fa a causa del contestato programma nucleare dell’Iran. 
Ora, grazie agli accordi raggiunti con quel Paese, che ha rispettato gli impegni presi con Europa e Stati Uniti, le relative sanzioni economiche e finanziarie sono state revocate.
La Francia è pronta, quindi, a sfruttare la riapertura del mercato e la sua compagnia aerea, in vista di nuovi introiti economici, ha deciso di imporre alle proprie hostess, in servizio su quella tratta, alcune regole di abbigliamento: dovranno, infatti, seguire un nuovo codice che prevede: pantaloni obbligatori durante il volo, giacca lunga e il velo una volta atterrate a Teheran, in modo da avere capelli e testa coperti. Questo per rispettare la legge islamica in vigore in Iran. 

L’uso del velo in Iran è obbligatorio.
Dalla rivoluzione islamica del 1979, le donne sono obbligate per legge a indossarlo in tutti i luoghi pubblici. Impossibile, quindi, pensare a una deroga solo per le hostess di Air France. Oltre all’obbligo di un foulard o di un capo che copra la testa, sarebbero state invitate anche a non fumare in pubblico.  
Velo o non velo, quindi? Una parte delle hostess, però, ha già opposto il suo rifiuto.
Continua questa fissa di imporre proprie regole e obblighi religiosi e tradizionali ad altri.
Fermo il riconoscimento e il rispetto di usi e costumi di ogni popolo e Paese - almeno fino a che non ledano i diritti costituzionali e le leggi vigenti - non si capisce perché, e in virtù di quale malinteso multiculturalismo, ci si debba adeguare.
La British Airways ha sanzionato una hostess di volo solamente perché portava al collo un piccolo crocifisso d'oro, in quanto la recente politica della compagnia non ammette l'esibizione, anche minima, di simboli religiosi, per non urtare la sensibilità altrui.
Timore di offendere l'altrui pudore o soltanto opportunismo commerciale?

Questa è come la barzelletta della copertura delle statue nude dei Musei Capitolini, durante la recente visita di Rouhani, per la quale siamo stati siamo stati ridicolizzati e spernacchiati in mezzo mondo.
Gli usi e costumi di un popolo non si dovrebbero modificare per nessuno e per nessuna falsa forma di rispetto, altrimenti sarà una continua e infinita corsa all’auto censura per compiacere l’altro, al ridicolo e ingiustificato eccesso di zelo, al rinnegamento delle propria civiltà e del proprio patrimonio storico, artistico e culturale. Vedi vicende varie di crocifissi, presepi, rinunce al vino, tabù sessuali, tradizioni alimentari e via dicendo.
Tutto per evitare possibili collisioni fra sharia e laicità.
La questione, così posta, è destinata a non finire mai.

Per non oltraggiare o turbare nessun turista, nessun visitatore, di qualsiasi fede e provenienza, dovremmo, allora, mettere le mutande al David di Michelangelo, alle 64 statue di atleti nudi allo stadio dei Marmi di Roma o al folto pelo pubico de “L'origine du monde” di Courbet, nonché un bel reggiseno push up alla Venere di Milo, per una pudica rilettura dell’album della storia dell’arte occidentale, nudo dopo nudo.
Ma allora, perché le donne musulmane che vivono in Italia e in Occidente non si tolgono il velo e si mettono in minigonna?

4 aprile 2016 (Alfredo Laurano)

Nessun commento:

Posta un commento