lunedì 25 aprile 2016

LIBERAZIONE, MURI E FILI SPINATI

Mentre in Austria vola l’estrema Destra xenofoba e in Europa si chiudono le frontiere e si fanno accordi ben pagati per rispedire alla Turchia i rifugiati, si rafforza la politica dei muri contro i migranti, come in Macedonia, Ungheria e, appunto, nel valico del Brennero.
Del tutto inascoltato l’accorato appello del papa a curare queste ferite, testimoniato anche dal suo recente viaggio di solidarietà a Lesbo. Abbattere quelle chilometriche barriere, sormontate da filo spinato, costruite per spezzare la cosiddetta rotta balcanica, possibile via di fuga dei popoli devastati della guerra. E non solo in senso figurato, come l’odioso muro dell’indifferenza.
Dalla caduta di quello di Berlino sono stati costruiti più di 8000 km di muri. Fortezze che hanno lo scopo di fermare l’immigrazione, piuttosto che frenare eventuali minacce esterne, come traffico di droga, armi e terrorismo.
Aumentano progressivamente in questa Europa dove l’emergenza migranti e il regolamento di Dublino - che regola le pratiche di richiesta asilo all’interno dell’Ue - incentivano questa scelta della fortificazione per difendere l’ “impero” europeo da quelli che le destre descrivono come dei nuovi “assalti barbarici”.

Muri, gabbie, recinti e fili spinati, da sempre simboli e metafore universali dell'oppressione.
Come nei campi di concentramento nazisti che oggi, 25 aprile, anniversario della Liberazione, ancora una volta ricordiamo e condanniamo.
"Ogni tempo ha il suo fascismo", diceva Primo Levi, avvertendo che i nuovi fascismi si diffondono in modi sottili e diversi.
In tempi di razzismi e intolleranze, resta una memoria che è coscienza civica e antifascista: storie di persone che più di settant'anni fa fecero una scelta, presero l'unica strada possibile, quella della lotta contro la tirannia nazifascista. Una strada divenuta il simbolo della rivolta venuta dal basso e dal sacrificio.
Come quella, impervia, tortuosa e rischiosa, dei tanti che oggi fuggono con ogni mezzo da altre guerre, da altri bombardamenti, dalla miseria. Quei migranti che un certo squadrismo mediatico e politico, shakerato con un po' di analfabetismo civile, nutre di manganello e olio di ricino e, soprattutto, respinge alle frontiere, considerandoli invasori.
E’ una nuova assenza di democrazia e di solidarietà, il mancato rispetto dei diritti umani, la vergognosa strumentalizzazione della paura a cui vengono condannati persone, famiglie, gruppi e minoranze, come fossero espressione di una nuova dittatura di nemici e di diversi.
È evidente che la retorica dei muri corrisponde a un’incapacità effettiva di risolvere i problemi e l’Unione Europea, nonostante le aperture germaniche, non sembra in grado di ricostruire un equilibrio politico che vada dal Mediterraneo ai Balcani, passando per la revisione urgente del regolamento di Dublino.
Liberazione, oggi, deve significare anche liberarci da quei muri della vergogna, riuscire a gestire l’emergenza e la nuova crisi umanitaria.
Come fecero i nostri padri 71 anni fa.
25 aprile 2016 (Alfredo Laurano)

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