mercoledì 6 aprile 2016

SANTI SOLDI IN PARADISO

I Panama papers sono 11 milioni di documenti, appartenenti al quarto studio legale al mondo specializzato in operazioni offshore, il panamense Mossack Fonseca, che sono stati pubblicati due giorni fa, grazie a una gigantesca indagine giornalistica. 370 sono i giornalisti coinvolti, provenienti da 76 Paesi.
I papers coprono un arco temporale di quasi 40 anni - dal 1977 al 2015 - e contengono informazioni su 214.000 entità offshore, legate a persone in 200 Paesi del mondo.
Nella lista di clienti che hanno “messo da parte i propri risparmi” nei vari paradisi fiscali, al riparo dal Fisco, o riciclato immense fortune, ci sono per ora 143 politici mondiali: da Putin a Cameron, dal premier islandese - vivamente contestato dalla piazza - a quello pachistano, ucraino e cinese. Non mancano nemmeno, padre e figlia Le Pen, in Francia.
Ma anche banche, società, dirigenti, vip, faccendieri, bancarottieri e campioni dello sport miliardario, come Montezemolo, come Nicosia - imprenditore già accusato di bancarotta fraudolenta con Marcello Dell’Utri - come Messi, Jarno Trulli, Sedorf.
Sono tanti i nomi che rimbalzano sui media e che si moltiplicano di ora in ora, ma tutti smentiscono, gridano alla montatura, evocano trame occulte, mentre tremano i Palazzi del Potere.

Va detto che operare in Paesi a fiscalità privilegiata non è un reato nel nostro Paese, se si dichiarano al Fisco italiano le ricchezze accumulate e i redditi ottenuti.
Ma, fra i tanti comuni cittadini che ancora pagano le tasse e sono sempre spremuti, i 120 miliardi di euro di evasione ogni anno da qualche parte devono pur andare a finire.
C’è una vignetta spiritosa che Charlie Hebdo ha dedicato al caso Panama Papers, dal titolo "Terrorismo fiscale": un corteo di ricchi sfila per solidarietà con gli indagati, tenendo in mano cartelli con scritto "Je suis Panama" o "non cambieranno il nostro modo di vivere".
Il giornale satirico francese, la cui redazione nel gennaio 2015 era stata attaccata e decimata dai terroristi, stavolta non potrà essere accusato di blasfemia o sacrilegio.
5 aprile 2016 (Alfredo Laurano)



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