lunedì 22 dicembre 2014

ODOR DI MUSCHIO

Fiabesco, poetico, coinvolgente, ma sempre affascinante: dopo i versi e i ricordi del presepe, serve forse un pizzico di storia e qualche curiosità.
Così lo descrive Goethe nel suo Viaggio in Italia del 1787:

Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe.
Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa.
Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s’incornicia il Vesuvio coi suoi dintorni”.

Le prime rappresentazioni presepiali si ritrovano già a partire dal II secolo d.C. come raffigurazioni dipinte nelle catacombe, su vetri, miniature e mosaici. La festa cristiana del Natale - trasformazione di una festa pagana (Sol Invictus) legata al solstizio d’inverno - fu ufficializzata nel IV secolo dall’imperatore Costantino,
La tradizione vuole che sia stato San Francesco l'inventore del primo presepe a Greccio nel 1223. 
Presepe significa letteralmente "mangiatoia", la greppia, nella quale, come è raccontato nel vangelo di Luca, fu collocato il Bambino Gesù alla sua nascita.
Con l'aiuto della popolazione locale, Francesco realizzò in quei luoghi, un presepe vivente in una grotta, per ricreare la mistica atmosfera del Natale di Betlemme.

Anche se, in realtà, non è possibile stabilire una precisa data di nascita, in quanto il si è formato nel tempo attraverso vari usi, costumi, addobbi e pitture, soprattutto nelle chiese, sembra che il primo presepe, con scene e personaggi, sia stato scolpito, su committenza di Papa Onofrio IV, da Arnolfo di Cambio nel 1283: un opera poderosa della quale rimangono soltanto cinque statue.

L’Ordine Francescano ne favorì, poi, la diffusione, soprattutto a Napoli. Lì si realizza il grande presepe donato nel 1340 alle Clarisse, per la loro chiesa.
 Nel ’700, comincia il periodo d’oro per l’arte presepiale, prima di tutto, a Napoli.
Con Carlo III di Borbone, raggiunge il suo momento di massimo splendore.
La passione del re fu presto imitata dai sudditi, conquistò tutte le fasce sociali e si espanse oltre i confini del Regno.

Ma proprio da allora, il presepe diventa laico e popolare.
Una rappresentazione della vita quotidiana della gente comune e dell’aristocrazia. Non più il presepe come segno di devozione, ma come occasione per raffigurazioni fantasiose di quella realtà.
Diventa via, via un’opera intimamente connessa alla vita della città, allontanandosi progressivamente da quello storico, ambientato nella Palestina, per improntarsi alla vita del popolo, abituato a vivere tra la miseria e la disperazione.
Il presepe napoletano, che rappresenta anche la contrapposizione tra il materiale e il divino, racchiude la sofferenza di Cristo che nasce povero, raccogliendo la speranza del popolo - povero come lui, ma anche fiducioso - che aspetta e spera la redenzione. Il presepe si carica, così, di una imprevedibile nota “rivoluzionaria” e sociale.

La creatività porta all'invenzione di personaggi sempre nuovi.
La scena riproduce con molta cura le case, le valli, gli ambienti rurali e i mestieri e si arricchisce di pastori, mercanti, pescatori, animali, oggetti, cibi e zampognari, grazie alla perizia di maestri artigiani che danno vita ad autentiche opere d'arte.
Particolarmente ricca è la realizzazione degli abiti del tempo, curati fin nei minimi dettagli: spesso sono opera di sarte o monache di un vicino convento, che ci restituiscono straordinari documenti sui costumi dell'epoca.
E’ una struttura che si offre agli occhi di chi osserva, attraverso piani, prospettive e scenografie: lo sguardo vaga, scruta e ammira, con curiosità, un angolo alla volta, fra i mille e più diversi particolari che caratterizzano gli ambienti, oggi arricchiti anche di luci, movimenti e spettacolari effetti visivi e sonori.
Nella rappresentazione più amata del Natale, il mito e la tradizione si tramandano nel tempo, tra mistero e suggestione. Davanti a ogni presepe, i bambini restano incantati e gli adulti si commuovono, pensando alla propria infanzia. Si riaffacciano lontani ricordi di cose, persone e sensazioni, di quando le emozioni e il sentimento si tingevano di magia.

Da qualche decina di anni, il presepe sta vivendo un periodo particolarmente felice sia per l'attività di abili artigiani e di fantasiosi artisti, sia per l'interesse di collezionisti, di simpatizzanti, di associazioni e di appassionati amanti “dell’odor del muschio” che ogni anno, in dicembre, rinnovano l'antico rito di andar per presepi.

Al presepe, infatti, si dedicano il re e la regina, la cameriera e il letterato, il vescovo e il miscredente, tutti travolti da una misteriosa e contagiosa aficion.

Anche se Vanvitelli considerava l'arte presepiale: “una cosa goffa, una ragazzata”.

20 dicembre 2014                            (Alfredo Laurano)


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