domenica 13 luglio 2014

SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA



A tre anni dai fatti e al di là delle reali o possibili verità acquisite dall’inchiesta giudiziaria, la scoperta del presunto assassino di Yara Gambirasio, avvenuta tramite il confronto del dna, pone anche un problema di altra natura: quello del rispetto delle persone e della normale convivenza e civiltà.  

L'aver reso noti le identità, le facce, i nomi e le storie intime di molti, del tutto estranei ai fatti, ma indirettamente coinvolti per vincoli di parentela, è un abuso della comunicazione mediatica, malata di scoop e di sensazionale scandalismo.
Immagini rubate, interviste forzate, deduzioni semplicistiche, ricostruzioni e fantasie giornalistiche sono inaccettabili forme di violazione del privato e della vita di uomini e donne: riflettono il degrado morale e la profonda meschinità di un certo modo di intendere la cronaca e le notizie.

Del fatto in se, si sa ben poco: che il dna del Bossetti è stato trovato sul corpo della giovane vittima; che il presunto omicida, attualmente in carcere, è ritenuto figlio illegittimo di tali Ester e Giuseppe Guarinoni (l’amante defunto); che ha una sorella gemella; che ha un furgone bianco; che ha frequentato quei luoghi e quei dintorni.
A parte, vi è, appunto, l’uso spregiudicato delle notizie, delle chiacchiere e dei sospetti.

Per molti, a vario titolo indirettamente coinvolti, è quindi sicuramente un incubo.
Come, ad esempio, per Giovanni Bosetti, il marito di Ester, che all’improvviso, dopo quarant’anni ha, o avrebbe, scoperto brutalmente di non essere più il vero padre dell’accusato.

Non convince molto la scienza usata in questo modo. Sono stati migliaia i dna prelevati e comparati per arrivare, si dice con certezza, a “ignoto uno”, cioè al figlio segreto dell’autista morto diversi anni fa.
La cosa importante è definire il campo delle ipotesi, delle prove certe, dell’indagine, i termini oggettivi e inoppugnabili che noi, pubblica opinione, in effetti, non conosciamo affatto.

E se le prove scientifiche avessero una partenza sbagliata? E se l’abbronzato muratore non c'entrasse niente?  E se quel dna fosse arrivato sul corpo di Yara per altre vie?
Colpevole o innocente che sia, il pensiero va alla sua  famiglia, alla moglie, ma soprattutto ai figli: un vero dramma, comunque vada a finire. 


Occorre quindi molta attenzione, massima cautela e il dovuto rispetto per l’accusato e per chi, del tutto innocente, è finito nel tritacarne mediatico, oggetto anche di pregiudizio morale. Senza dimenticare, ovviamente, che tutto parte dal disgustoso omicidio di una bambina.

La società odierna non rispetta molto i valori acquisiti dalla società civile.
Non è giusto colpire, anche nell’ immagine, oltre che nella sostanza, chi non ha commesso alcun tipo di reato, solo per costruire un’ipotesi di verità, fondata sul gossip e sulla morbosità. Soprattutto, in una piccolissima comunità, dove tutti si conoscono e sanno tutto di tutti, dove si vive di abitudini e cadenze sempre uguali e quotidiane.
O farne, more solito, oggetto di spettacolo di massa, rimandando ogni virgola, ogni bisbiglio, ogni fotogramma di presunta cronaca nei gaudenti pomeriggi televisivi, fra dirette ed esclusive. Anche se Barbara D’Urso è in ferie e, certamente, rosica. 

Dai contorni non troppo sfumati della vicenda che appassiona, come una fiction, gli italiani, si ha l'impressione che tutto sia possibile, come acquistare o vendere qualsiasi prodotto umano. Che la giustizia e il potere immenso della comunicazione possano fare ciò che vogliono, che il senso della libertà individuale non sia vero e garantito.
Anche se la presunzione di innocenza, fino a dibattimento concluso, resta una delle garanzie offerte dalla nostra Costituzione.


13 luglio 2014          (Alfredo Laurano)

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