sabato 15 febbraio 2014

DEMOCRAZIA AMORALE


Vorrei proprio sapere, e non credo di essere il solo, perché Letta non ha voluto e preteso il passaggio in Parlamento.
Qualcuno pensa che abbia preferito dare una lezione di serietà e di correttezza istituzionale, per non sputtanare ancor di più il suo partito (ammesso che ciò sia possibile).
Una risposta di composta dignità che, a mio modesto avviso, chi ti pugnala a tradimento non merita davvero. 

Con meno nobiltà, anzi, ne avrei fatto esplodere le contraddizioni e avrei messo a nudo trame, menzogne e falsità, proprio attraverso una legittima richiesta di fiducia nell'aula deputata, dove ognuno avrebbe dovuto metterci la faccia.

Una volta, nei paesi democratici, i governi nascevano e morivano lì. Lì si risolvevano le crisi, attraverso un dibattito e il conseguente voto di fiducia. E il premier, in caso di sconfitta della sua maggioranza andava a casa sfiduciato dal Parlamento – e non da una  congrega di democristianizzati - dopo una visitina di commiato alla collina del Quirinale.
In questo caso, dopo un superfluo voto casareccio, formale assai scontato, Letta è stato scaricato, in stile “usa e getta”, con una specie di  telegramma, o una e-mail o una virtuale pacca sulle spalle - visto che  non era presente in quella Direzione - da gente del suo stesso partito che, in buona parte, non siede nemmeno a Montecicoria, come deputato o fruttivendolo e, quindi, senza averne titolo.
E' come se l' amministratore di un prestigioso stabile venisse estromesso, non dal voto dell'assemblea del condominio, ma dai suoi stessi familiari o dai suoi amici del bar o di biliardo.

Fatto fuori quindi, aumm, aumm... un po' come fanno congiurati, mafiosi e camorristi quando devono decidere di sopprimere qualcuno che è diventato scomodo e di troppo. Anche se, va detto, questi, per decenza, non fanno finta di votare.

Certo, non c'è molto da stupirsi, visto che ormai viviamo in regime di semilibertà vigilata e controllata della democrazia, sempre più condizionata dagli umori di chi la usa in funzione della propria ambizione smisurata. E la modella, indifferente ad ogni valutazione morale, secondo necessità e interessi di bottega, sfruttandone la duttilità e forzando, a dismisura, regole e paletti.

Una democrazia trattabile, dinamica e flessibile e dalle elastiche funzioni, che giustifica, ove necessario, anche l’inganno, il tradimento e l’incoerenza.

Una specie di oligarchia del desiderio e del bisogno, al sapor machiavelliano, di cui ha dato sfoggio, in queste ore, proprio il principe-puffo fiorentino, a lungo applaudito nella contea di Arcore.
 15 febbraio 2014                       AlfredoLaurano   

                                     
                                                                                                                  
                                                                        


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