mercoledì 18 dicembre 2013

UNA VOLTA IN PIAZZA C'ERA LA SINISTRA


E’ tempo di presepi, di palle e di alberelli. E di regali, di promesse e pensierini.
Anche se la crisi taglia le proteine dalla dieta di tanti italiani e spegne le caldaie del riscaldamento in molte case. Anche se c’è da pagare il mutuo e le bollette, l’Imu, la Tares e tutte le altre tasse. Anche se le imprese non ce la fanno più, i giovani son sempre più disoccupati e i pensionati, chi ha perso il lavoro e tanti piccoli imprenditori sono falliti e mangiano alla Caritas.

Papa Francesco, sempre più amato da cattolici e da laici, esulta perché il suo S. Lorenzo ha vinto il campionato in Argentina e perché i suoi followers aumentano ogni giorno, affollano la piazza di S. Pietro e oggi lo inondano anche di auguri per i suoi 77 anni. La stessa età di Berlusconi, ma con poche altre analogie….
Come pure esulta l’ipertrofico ego di Renzi che ha stravinto le Primarie, dove hanno votato, forse per disperazione, tre milioni di pur ottimisti cittadini, in cerca di stupore e di rinnovamento.

Gli studenti contestano i tagli alla pubblica istruzione e, come da prassi, vengono selvaggiamente manganellati, prima all’università di Roma e poi a Milano, da poliziotti ligi al dovere e col casco bene in testa!
La mafia, dal 41 bis, minaccia ancora e sempre il procuratore Di Matteo, comunicando ai latitanti che dev’essere ammazzato.
I consiglieri regionali di mezza Italia rubano alla grande, ma con gli scontrini in mano e le mutande verdi in faccia.
Napolitano avverte chi vuole andare alle elezioni che potrebbe dar le dimissioni.
Scioperano i trasporti e tornano puntuali le targhe alterne.
E qualcuno, per assurdo gioco del destino - due poveretti di Novara - precipita dal settimo piano per montare sul balcone le luci di Natale!

Intanto, dopo l’uscita del decaduto cavaliere dalla maggioranza e lo strappo del nuovo farmaco di Alfano - l’Ennecidi, prima o dopo i pasti, tutti i giorni - il governo, per pura forma e senza pregiudizio, si rivota la fiducia nel Parlamento delle ora più scarse intese.
E subito, per darsi un tono e ritrovar consensi, approva l’abolizione dei soldi pubblici ai partiti, ma con morte molto lenta, indolore e diluita nel tempo e nelle procedure.

Ma, dopo quello di S. Francesco a Greccio nel ‘200 e quello romano o napoletano del ‘700, nel perpetuo presepe vivente e molto animato all’italiana, non potevano mancare i più tipici e rappresentativi personaggi: i pastori sulle strade e nelle tende e i contadini con le forche in mano, già disegnati a S. Gregorio Armeno.
Il movimento dei Forconi, nato in Sicilia due anni fa come segno di protesta di contadini contro gli alti prezzi del carburante e delle tasse, si è allargato notevolmente e si è modificato e distinto in varie anime che rifiutano ormai questa etichetta e si riconoscono come “quelli del 9 Dicembre”.

Chi sono? 
Agricoltori, camionisti, piccoli imprenditori, commercianti, tassisti, studenti,  ambulanti, disoccupati e ultras del calcio. Nonché infiltrati di movimenti neofascisti come Forza Nuova e Casa Pound che cercano il caos, gli scontri e la guerriglia.
Tutti appassionatamente uniti nella piazza del dissenso. Una confusa rivolta, fra interessi contrastanti e  inconfessate ideologie, condita e impreziosita da elementi di razzismo e di nazionalismo. E per cornice, un tripudio di fazzoletti e bandiere tricolori.

Per cosa protestano?
Per tutto. Contro l’incubo del “fiscal compact” (misure di austerità e regole di bilancio imposte dall’Europa),  contro le tasse infinite ed usuraie che falcidiano i guadagni da lavoro, l’elevato costo delle licenze, delle bollette e del carburante, i bassi salari, l'euro, l'Unione Europea, la globalizzazione, le importazioni cinesi a basso costo, il  TAV, l'inquinamento nella Terra dei Fuochi , i tagli all'istruzione. 
Soprattutto, vogliono mandare a casa tutti i politici. Di destra, di centro e di sinistra e pure i cani sciolti.
Le ragioni della protesta e di tanto malcontento sono evidenti e condivisibili. I problemi sono reali e riguardano milioni di persone, il futuro dei figli e dei nipoti e, in molti casi, la sopravvivenza. Sappiamo quante migliaia di imprese hanno chiuso e quanti si sono suicidati per aver perso tutto: le cose, la speranza, l’idea di futuro e la dignità.
Ma non c’è coerenza in questa sommossa popolare, non c’è una strategia comune o una linea di azione mirata a un obiettivo. Tant’è che le diverse anime si sono già divise e domani a Roma non ci saranno i “forconi siciliani” di Mariano Ferro e i ribelli veneti di Chiavegato. Solo agricoltori, commercianti, imprenditori del Lazio, seguaci di Calvani.

Quello che non si capisce è cosa si dovrebbe fare una volta che, per magia o per miracolo divino, tutti i politici fossero mandati effettivamente  a casa.
Nuove elezioni ? Per votare chi? Non certo quei partiti o quegli stessi deputati, senatori o consiglieri di Comuni e di Regioni; ma neanche gli insorti, i forconi, che non vogliono essere né partito, né politici, né salvatori della patria.
Allora? Auspichiamo un governo provvisorio di militari e carabinieri, come qualche sciagurato dice? O preferiamo essere commissariati dalla grande Germania? O ci buttiamo nel tempestoso fiume dell’anarchia e della guerra civile?
Nessuno, tra chi guida la protesta, azzarda una risposta o propone una qualche realistica soluzione.
Siamo al confine fra la ridicola caricatura di una improvvisata rivoluzione parolaia e la più solenne imbecillità del conformismo ambizioso e velleitario. Forse serve il conforto di un’ideologia alle spalle e uno scopo chiaro e concreto in prospettiva.

Grillo, preoccupato di non essere più il solo a gestire la contestazione, tenta di salire sul carro dei ribelli sollecitando la polizia a unirsi ai manifestanti e a smettere di proteggere la casta. Ma allora “Nove Dicembre” e “Cinque Stelle” sono la stessa cosa!
Non dicono  entrambi “tutti a casa”? Non rifiutano entrambi l’attuale classe dirigente? Non occupano gli stessi spazi e non usano lo stesso  linguaggio e gli stessi temi di battaglia?
Se è così, il totale della piazza populista fa quattordici! Perché crearsi altri problemi, tra fazioni, distinzioni, preferenze, vaffanculi e rabbia libertaria?

Come già detto, la protesta di questi giorni non ha contenuti definiti, né assai diversi da quelli dei Grillini: è l’espressione nebulosa  di un disagio reale, in mezzo al quale – come sempre – si infilano estremismi di ogni tipo. Occorre vigilare e stare attenti.
C’è la rivendicazione del singolo, del comune cittadino, sfinito e dissanguato, ma anche di tante diverse categorie di lavoratori contro un sistema che fa acqua da ogni parte. 
E poi, non dimentichiamolo, ci sarebbe pure un’altra rivoluzione…. se dovessero arrestare Berlusconi!
Te piace ‘o presepe? E’ con tanti forconi, ma senza Re Magi.

17 dicembre 2013                  
                               AlfredoLaurano 
                                                                                                                                                                        


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