lunedì 23 dicembre 2013

IL VANGELO SECONDO MATTEO

Certo, non si può dire che non ci sappia fare. Non sbaglia una mossa e finisce ogni giorno, ogni mezz’ora sulla prime pagine dei giornali e nei siti on line..
Dopo le primarie, la sua visibilità mediatica, già prima così larga da garantirgli una vittoria facile e sicura sui quasi sconosciuti Cuperlo e Civati, è aumentata a dismisura e il suo protagonismo ha già quasi oscurato quello del suo collega condannato e decaduto e del suo fantastico mondo di comparse e di facili donnine. Nonché quello del comico a cinque stelle, appannato, in parte, da altri incazzati sulle piazza, coi forconi e il tricolore.

Va dappertutto, è onnipresente: nei telegiornali, nei talk, nelle trasmissioni di gossip e di intrattenimento o in collegamento dall’Arno o dall’ufficio, nella terre della camorra o a Lampedusa.
Un’invasione dilagante nelle case di tutti gli italiani, quasi superiore a quella di Bruno Vespa che, ogni fine d’anno, smarchetta l’ultimo suo libro a destra e a manca e anche nelle farmacie o nei mercati di quartiere. Inviti di colleghi servili e amici compiacenti, spot camuffati da notizia ed interviste lacrimose sulla nonna, sul sale, lo zucchero e l’infanzia, senza pagare un obolo di pubblicità e grazie ai suoi tanti santi in paradiso.
O a quella di Francesco che ammonisce alla sobrietà, condanna la ricchezza e l’arroganza, festeggia coi clochard il compleanno e visita bambini e bisognosi.

Ma senza un briciolo della sua umiltà.
Anzi, al contrario, sprizza presunzione e sicurezza da primo della classe, col braccio sempre alzato perché ha sempre pronta una risposta: “ lo so io, signora maestra!”
Matteo Renzi, il puffo fiorentino che quasi per costrizione, per ripugnanza del politicismo, per la fiducia liquefatta di cittadini nauseati e stanchi o per volontà della nazione - mortificata dalla crisi e demoralizzata da ruberie e incapacità - è stato chiamato a guidare quel che resta di uno nobile partito, che le vicende della Storia e dilettanti incompetenti hanno snaturato e trasformato.

E’ l’uomo giusto per il tempo giusto che piace a tutti: ai delusi di sinistra, ai moderati di centro e di destra, a chi guarda al dopo Silvio, ai grandi imprenditori, a Confindustria, all’Europa ed ai mercati. Che cattura la voglia di cambiare e incanta la speranza di tanti disperati. 
Abile stratega da marketing comunale, rottamatore superbo ed ambizioso, s’impone all’attenzione, parla a raffica ma non dice niente.
Però promette sogni, sviluppo e innovazione, inventa slogan a pronta presa, come fece vent’anni fa un certo Berlusconi.

Piacere a tutti, tuttavia, non sempre è una virtù, perché vuol dire anche non voler dispiacere a nessuno, non schierarsi, non prender posizione per condurre la battaglia.
Difficile per chi voglia rappresentare un popolo, un programma, un obiettivo e per chi si fa simbolo e bandiera di un’idea. Immodestia a parte da saccente promotore di se stesso.

Una scelta è necessaria. A meno che non sia subito quella sbagliata: dubitare dell’articolo 18, come invece ha già fatto, tanto per cominciare: ottimo assist per Marchionne e grandi imprenditori, ma non certo un buon segnale per i lavoratori.
La gente è stremata e pronta alla serrata, con tanta rabbia in corpo e coi forconi. Senza lavoro, senza botteghe, chiuse dalle tasse e dalla crisi, e aspetta qualche soluzione. Seria e concreta, non fiumi gonfi di parole, che tracimano retorica e scarse conclusioni.

Capito, logorroico Mr. Bean? 
Stupiscici! E' Natale!

23 dicembre 2013                                             (Alfredo Laurano)


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