venerdì 19 giugno 2020

MASCHERE E CIRIOLE /2061


Gli esami di stato di questi giorni entreranno nella Storia come “la maturità al tempo del Coronavirus”: studenti e professori ben distanziati, con la mascherina sul viso, le mani ben pulite e niente abbracci e strette di mano. Nel mondo, intanto, la pandemia è ancora fortemente attiva e colpisce senza tregua Brasile, Perù, India e Stati Uniti, con migliaia di casi e decessi quotidiani. Secondo i dati dell’OMS ci sono 8,2 milioni di contagiati e 450mila morti. In Itala, situazione stabile, con qualche accenno di risalita.

Comunque, da mercoledì 17 giugno scorso, 500mila studenti italiani, che tornano a scuola per la prima volta dalla chiusura totale di marzo per l'emergenza sanitaria e rivedono i loro insegnanti, sono impegnati in questa prova atipica e un po’ surreale di esami di stato.
Ma con molte novità: tutti gli studenti del quinto anno delle scuole superiori sono stati ammessi all'esame di Maturità, le prove scritte sono state abolite - tema d'italiano, problemi di matematica e fisica e traduzione delle versioni di greco e latino - ma sostituite da un maxi-colloquio orale in cinque parti, di circa cinquanta minuti, che verterà su più materie e potrà comprendere anche esercitazioni pratiche o traduzioni nei licei: si partirà dalla presentazione da parte dei candidati di un elaborato di indirizzo (che non è la classica tesina) e la relazione sull'alternanza scuola-lavoro, nello specifico. Seguirà la parte d'italiano, poi l'analisi del materiale scelto dalla commissione. 
Le 13mila commissioni d'esame sono composte da membri interni, con il solo il presidente esterno e una attenzione particolare sarà data alle misure di sicurezza previste dal Comitato tecnico-scientifico per prevenire la diffusione del contagio. Per questo, ragazzi e commissari dovranno indossare sempre la mascherina e presentare all'ingresso nell'edificio scolastico l'autocertificazione che confermi di non aver avuto febbre nei tre giorni precedenti la prova. Le aule dovranno essere ben areate e saranno pulite e sanificate alla fine di ogni sessione. Ogni candidato potrà portare con sé un solo accompagnatore, che dovrà a sua volta rispettare le misure di prevenzione.

Per tutti i maturandi, questo esame di stato 2020 non potrà mai essere dimenticato.
Sarà una specie di prova innaturale di rinascita, di vita e di speranza, che suggellerà, forse, la fine di uno spaventoso incubo collettivo.
Ancor più di quanto non lo sia stato per ognuno di noi, a partire dalla sua nascita con la riforma Gentile nel 1923 - la più fascista della riforme, come la definì Mussolini - quale naturale sbocco di una scuola selettiva. La valutazione finale era riconosciuta globalmente dalla commissione tutta di esterni. L’obiettivo era chiaro: selezionare in modo rigoroso la futura classe dirigente: basti pensare che alla prima sessione più di tre quarti dei candidati furono bocciati.
Ognuno ricorda, più o meno, il suo, anche se lontano nel tempo. E rivive soprattutto le atmosfere e gli stati d’animo, quali espressione di vera, autentica giovinezza.
Io non faccio eccezione e conservo ancora nella memoria il mio impegnativo cimento, che, a grandi linee, e fino al 1969, era ancora quello previsto dalla riforma Gentiliana.
Si portavano tutte le materie (forse tredici), c’erano la prove scritte e la commissione era tutta esterna.
Era il tempo del Vietnam e di Carosello, dei Beatles e del Piper, di Patty Pravo, Cinquetti e della lacrima sul viso di Bobby Solo, Quasi tutti noi ragazzi suonavamo in un “complesso” che oggi si dice Band, il biglietto del tram costava 50 lire, per un soggiorno in hotel in agosto sulla costa romagnola si pagava da 1000 a 2.000 lire al giorno, una Fiat 600 costava 640.000 lire: l’equivalente di circa 8 mesi di salario di un operaio.
L’Italia, che aveva sperimentato i disastri della guerra e la povertà dell’immediato dopoguerra che voleva freneticamente lasciarsi alle spalle, scopriva il benessere e l’abitudine a nuovi consumi, che favorivano attività economiche e progressi della tecnologia. Tutti vogliono cose che non hanno mai posseduto, dalla lavatrice al televisore, dal frigorifero all’automobile: tutto si compra con le cambiali, pagando un po’ alla volta.
La musica diventa essenziale per i giovani, corredata da un look composto da stivaletti, abiti attillati e minigonne. Si scopre il turismo di massa.
La società pare incamminarsi verso una definitiva modernizzazione e un mercato di massa, dove gli Stati Uniti, ricchi e industrializzati, diventano modello e termine di paragone. La pubblicità inizia a esercitare un enorme potere e una nuova capacità di condizionare i gusti e le abitudini di individui e famiglie.

Questo il quadro storico, questa la mia epoca al tempo della mia maturità.
Un vero tuffo nel passato e nella Storia, un nostalgico riandare con la memoria, dove irrompono antiche emozioni e riemergono sensazioni senza tempo. Dove prevale la forza dei ricordi e degli affetti.
Il più vivo e indimenticabile? Le prove scritte, le traduzioni, il pensiero cosmico leopardiano, la filosofia da Platone a Hegel, passando per Patristica e Scolastica? Gli appunti nelle tasche o nel dizionario, l’abito elegante di shantung e il cravattino?
No, niente di tutto questo, ma qualcosa di legato ad altri sensi, al gusto, agli odori e a perduti sapori.
Nel mese precedente la maturità, tutti i giorni, alle cinque e trenta (perché “il mattino ha l'oro in bocca"), ci incontravamo per studiare a lungo nei locali del terrazzo condominiale del mio amico Massimo, nei pressi di piazzale Clodio. C’era anche il caro Alberto, amico del cuore, che da tempo non è più tra noi.
Fu un periodo difficile e impegnativo, carico di sacrifici e responsabilità che, al di là delle capacità, dell’esperienza e della preparazione, fece nascere in noi una forte coscienza politica, morale, ma anche gastronomica.
Merito delle fragranti ciriole calde, piene di burro e prosciutto, che la santa e meravigliosa madre di Massimo ci portava sul terrazzo, per confortarci e sostenerci. Indimenticabili, indescrivibili!
Alla fine, l’esame fu un successo, anche, o soprattutto, per merito di quella croccante attrazione che ci conquistava e creava dipendenza. Grazie a quei mitici panini caldi, pieni di burro, prosciutto e soprattutto amore.
18 giugno 2020 (Alfredo Laurano)

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