Un due giugno inedito, diverso da tutti gli altri,
per celebrare i 74 anni della nostra repubblica e il voto legittimo alle donne.
Una data che quest’anno coincide con la vigilia della
riapertura delle regioni e che presenta dunque un motivo in più per ripartire,
nel ricordo delle tante vittime della pandemia e nella consapevolezza che il
progressivo ritorno alla normalità merita ancora attenzione, precauzioni ed
accorgimenti, per sconfiggere definitivamente un virus che ha sconvolto milioni
di persone, l’Italia ed il globo intero.
L’atmosfera non è certo quella della festa, perché tutti
proviamo sentimenti di incertezza e motivi di speranza, stretti tra il dolore
per la tragedia che improvvisamente ci è toccato vivere e la volontà di un
nuovo inizio.
Una giornata che, dal punto di vista della cronaca, ha
visto, nelle prime ore del mattino, il presidente Mattarella deporre una corona
all’altare della patria - stavolta non completamente solo, come accadde il 25
aprile, ma accompagnato a distanza da altre cariche dello Stato - e subito dopo
raggiungere la cittadina di Codogno, “là dove tutto è cominciato”. Dal primo
caso di contagio, alla prima zona rossa, all’epidemia diffusa e a lungo incontrollata.
Un momento di commossa riflessione, un’iniziativa nobile e
lodevole, che ha dato un nuovo senso alla ricorrenza, pur nella sua evidente straordinarietà.
Una breve cerimonia, sentita e partecipata nel piccolo giardino
del Comune, dove il sindaco, ancora incredulo, ha ricevuto e ringraziato il
capo dello stato, che ha visitato anche il cimitero. Una folla rispettosa e
grata lo ha a lungo applaudito nelle strade.
Niente a che vedere con l’ignobile pagliacciata che, poco
dopo, si è svolta a Roma, in due momenti, diversi, ma uniti nel comune senso
della non vergogna, della speculazione politica e del disprezzo delle misure di
precauzione.
Prima, tra via del Corso e piazza del Popolo hanno sfilato
i sovranisti della Destra ufficiale, guidati da Salvini, Meloni e Tajani,
seguiti da un lungo tricolore e da fascistelli sparsi e anonimi.
Poi, nella stessa piazza, i patetici Gilet Arancioni-Anas,
sobillati ancora una volta del delirante generale Pappa-Aperol.
Slogan e insulti contro Mattarella, Conte, il governo e le
solite uscite da bufalari complottari: "Siamo
stati costretti a vivere nelle nostre abitazioni come reclusi mentre mascalzoni
vendono il nostro Paese alle potenze straniere. Chi mette la mascherina lo
prendo a schiaffi. Ormai lo dicono anche i virologi che questo coronavirus è
una boiata. Me li curo da solo i polmoni, già ci sono dei ricoveri per l'uso
eccessivo delle mascherine".
Non sono mancate aggressioni e minacce alle troupe televisive,
che documentavano le manifestazioni di questi cialtroni, molto assembrati per
provocare meglio.
Come scrivevo ieri, invece della consueta parata militare,
si è svolta la sfilata dei coglioni.
Ma la polizia perché non è intervenuta per multare e
sanzionare, come da decreto?
2 giugno 2020 (Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento