lunedì 4 marzo 2019

UN SEGNALE DAI GAZEBO


Le lunghe file ai gazebo e il voto quasi plebiscitario a Zingaretti dimostrano che in Italia c’è ancora tanta voglia di Sinistra, di solidarietà e democrazia. Come ha detto la stessa manifestazione antirazzista People dell’altro giorno a Milano.
Quella Sinistra dimenticata, umiliata, svenduta e rinnegata dall’onda anomala del renzismo e delle correnti interne. Frastagliata e divisa, gioco forza, in tanti rivoli, spaccature e scissioni che ne hanno sancito, in realtà, l’inconsistenza, la quasi inesistenza o la capitolazione e la lontananza rispetto al paese reale.
La batosta del PD del quattro marzo dell’anno scorso (anche oggi è, casualmente, un 4 marzo) ha rappresentato tutto questo, causato dal malcontento per il governo Renzi, dalla sua arroganza, dal Job’s act alla Buona Scuola, passando per il decreto Salva banche, l’articolo 18 e il referendum rovina Costituzione: lavoro, sanità, pensioni, immigrazione, università e ricerca neppure sfiorati.
E per un anno di totale inerzia, condita da chiacchiere e proclami, senza uno straccio di autocritica e di effettiva analisi, quel malessere che aveva spinto molti a guardare per disperazione i Cinque Stelle si è esteso a macchia d’olio e la rabbia si è accresciuta, fino ad oggi. Fino alla fiducia nel fratello politico di Montalbano, capace di annunciare e interpretare la discontinuità, la contro tendenza, la rinascita e la ricucitura con il popolo dei delusi e degli offesi.
Infatti, non a caso, un bel pezzo di quel popolo ferito (si parla di un milioneottocentomila) è andato a votare in massa e con rinnovata speranza, oltre ogni previsione e aspettativa.
E’ un segnale forte, un bisogno di superare e spazzare certezze annunciate e poi crollate, che esprime necessità di appartenenza e voglia di contare ancora, in una Sinistra capace di corrispondere a un sentito bisogno di alternativa, dopo un anno di governo gialloverde, a forte spinta salvinista.

Nicola Zingaretti - legittimato da una larga investitura, che decreta l'archiviazione del renzismo, del suo spirito, delle sue politiche e dei suoi seguaci - ha ora un dovere assai preciso: una fiducia da non tradire e una aspettativa da non deludere.
Del tutto opposto, per cultura, formazione e stile, alla figura dispotica del rottamatore populista, deve aprire una nuova stagione in un partito finora paralizzato dal gioco delle correnti, cambiando non solo la comunicazione propagandistica e ingannevole da abile piazzista, ma ricominciando a fare politica, con umiltà, confronto e realismo.
Ha tutti i mezzi per farlo. Ci riuscirà?
4 marzo 2019 (Alfredo Laurano)

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