A
quanto pare, non è bastato a Mediaset il palcoscenico offerto a Fabrizio
Corona, nell’Isola degli sfigati e confusi, per infamare il vecchio Fogli,
cornutissimo a sua insaputa, ma non di mezza Italia: parola di pregiudicato e
scarabocchiato bullo.
Ne
ha subito creato un altro per speculare ulteriormente e fare ascolti, a cascata
e di rimbalzo, cavalcando l’ondata di sdegno popolare, il favorevole momento
propalativo, il chiacchiericcio mediatico, il dibattito avvilente sui social e
sui giornali.
Ed
ha così inventato “Live - Non è la D’Urso”, ennesimo esempio di volgarizzazione
spettacolare del trash senza vergogna. Un programma banale che nasce già
vecchio, visto e rivisto nell’archeologia televisiva, dove la padrona di casa
accoglie “grandi ospiti” che si raccontano in studio, coinvolgendo il pubblico
a casa con un meccanismo inedito: si può esprimere il proprio giudizio sulle
storie raccontate, attraverso il sito, i social e l'app Mediaset Play. Un
televoto, riveduto e corretto, per chi non ha un cazzo da fare e da pensare.
E,
soprattutto per definire e inquisire (si fa per dire) uno come Corona - solo
contro tutti, ma comunque sulla scena e ancora sotto i riflettori - che si
racconta, si piace, si giudica, si assolve e si definisce “pezzo di Storia del
nostro Paese.
Quando
si dice “avere la faccia come il culo” non è sempre un insulto, a volte, come
in questo caso, è fargli un complimento, riconoscerne la patente di buffone,
lodarne la vocazione di presuntuoso mascalzone.
14
marzo 2019 (Alfredo Laurano)
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