venerdì 8 marzo 2019

TEMPESTE EMOTIVE

Mi domandavo - e non credo di essere il solo - se i tre ventenni che hanno violentato la ragazza di Portici, in un ascensore della stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano, fossero anch’essi in preda a una “tempesta emotiva”.
Quella specie di forte turbamento che, nella recente sentenza della Corte di Appello di Bologna, ha fatto dimezzare la pena all’omicida, reo confesso, che strangolò a mani nude, nel 2016 a Riccione, Olga Matei, la donna con cui aveva una relazione.
Una sorta di attenuante - se non proprio una giustificazione - in un delitto commesso sotto quell'influsso, che fa da contraltare a un preconcetto culturale e sessista che, per secoli, ha fatto ritenere le donne sempre poco affidabili e anche un po' folli, perchè prede tormentate, in subbuglio e succubi delle "tempeste ormonali", che non sono mai state delle scusanti, ma, al contrario, motivo di condanna e di dileggio.

Lo stesso dubbio vale per la giovane donna uccisa a Messina dal suo convivente, con estrema brutalità. Sul suo corpo sono stati trovati evidenti segni di violenza, soprattutto al volto: picchiata a sangue con calci alla testa, pugni e capelli strappati. Pochi giorni fa, la povera Alessandra aveva profeticamente postato un video di "Un posto al sole", con riferimento alla violenza sulle donne.
O per un’altra donna di 36 anni, madre di tre figli, uccisa a botte dal marito a Miano, nella periferia di Napoli: "Non respira più, aiutatemi", ha detto ai sanitari, quando ha chiamato il 118. Anche in questo caso, per i vicini era una coppia tranquilla.

Alla base di questi stupri e femminicidi vari, sempre e solo raptus o “tempeste emotive”, determinate dalla gelosia, dall’idea del possesso e della donna oggetto o schiava di piacere.
Nulla che vedere con lo “Sturm und Drang” (tempesta e impeto) del romanticismo letterario tedesco o con il “Brainstorming” contemporaneo, modalità di lavoro di gruppo, soprattutto pubblicitario, in cui si sfrutta il gioco creativo dell'associazione di idee.
Dietro tanta violenza maschile, frustrazione e repentini pentimenti che durano il tempo di ricominciare il gioco dall’inizio, in uomini apparentemente normali, ma sadici e misogini. Padri, mariti, compagni, ex conviventi, che non sopportano di essere lasciati o traditi: tutti deprivati dell’autorità maschile, che si sentono destabilizzati (e fortemente disorientati) di fronte all’emancipazione femminile, consapevoli che questa epoca ha tolto loro una certa forma di dominio e di potere.

In virtù di queste valutazioni psicologiche e asimmetriche fra i sessi, decideranno i tribunali cosa è legale, quando sia reato, come e per quanto debba essere punito.
Si chiama giustizia patriarcale ed è il paradigma sotto il quale viene resa una giustizia iniqua e contro le donne
Evviva l’Otto Marzo! La festa "alla" donna è servita
8 marzo 2019 (Alfredo Laurano)

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