mercoledì 25 maggio 2016

VIOLA, L’ANELLO DEBOLE

A lungo atteso dai familiari, dagli amici, dal gruppo di 35.000 sostenitori che chiedono giustizia e verità per Marco Vannini, è iniziato ieri il processo a carico della famiglia Ciontoli per la morte del ragazzo di 20 anni, ucciso a Ladispoli in casa della sua ragazza, Martina, la sera del 17 maggio di un anno fa.
Tantissime inchieste, servizi, articoli di stampa, collegamenti, inviati, dirette e trasmissioni televisive hanno fatto ben conoscere a tutt’Italia, e non solo, questo caso di forte impatto mediatico. Una tragedia che, per le assurde modalità in cui si è concretizzata, ha suscitato rabbia e indignazione, ha visto una vastissima partecipazione emotiva e popolare e alimentato legittime attese di giustizia. E anche una certa esasperazione, nei toni, nei giudizi e nelle reazioni, a volte ingiustificata, nei tanti che ossessivamente si chiedevano, e si chiedono, come mai nessuno è stato finora ristretto in custodia cautelare.

A giudizio, di fronte alla prima Corte d'Assise di Roma, tutta la famiglia di Martina accusata di concorso in omicidio, a cominciare dalla padre Antonio - che ha confessato di aver sparato involontariamente al giovane con una pistola, mentre si trovava sotto la doccia, uccidendolo - al fratello Federico, alla madre Maria e a lei stessa. Per Viola Giorgini, fidanzata di Federico, l’imputazione è di omissione di soccorso.
Secondo l'accusa, dopo quel colpo partito probabilmente per errore, durante un gioco finito male, si sarebbe elaborata una serie di omissioni e di coperture incrociate tra i membri della famiglia che, dopo aver tentato di lavare il sangue e le prove, hanno chiamato con molto ritardo il 118, provando poi a sostenere che Marco fosse caduto, infilzandosi con un pettine. Tutto ciò è emerso dalle sconvolgenti conversazioni intercettate in alcuni filmati, in sede di interrogatorio e diffusi nel corso di trasmissioni TV.
A parere dei medici e degli esperti, se avessero immediatamente chiesto soccorso e spiegato l’accaduto, ora Marco sarebbe ancora vivo. Invece, è stato lasciato morire con inaudita leggerezza o per inspiegabili, abietti motivi.

Quella di ieri è stata un’udienza tecnica, finalizzata principalmente all’ acquisizione dei documenti - consulenze medico-legali e balistiche - e della lista dei testi da parte dell’accusa, degli avvocati difensori e della famiglia Vannini. In aula erano presenti i genitori, i parenti e diversi amici di Marco, tutti assenti gli imputati.
La prossima sessione si terrà il 18 luglio e saranno ascoltati i primi testimoni: gli agenti di polizia e il personale sanitario intervenuti sul posto.
Prima che il processo entri nel vivo, vorrei rivolgermi ancora una volta - come ho fatto un paio di mesi fa - alla giovane Viola Giorgini, estranea alla famiglia Ciontoli e alla dinamica del delitto, ma presente nella casa del reato.
Oltre la logica, il buon senso e l’oscura realtà dei fatti, la ragazza ha confermato, fino ad oggi, le parole e le dichiarazioni di tutta la famiglia del suo fidanzato Federico, imputata di omicidio.
Vorrei ricordarle ancora che, in fase di dibattimento e di testimonianze, sarà sicuramente incalzata dal PM e dagli avvocati e cadrà inevitabilmente in contraddizione.
Dovrà fornire mille spiegazioni sulla sua "strana" uscita col fidanzato, dopo lo sparo, sul perché non si sia dissociata dalle gravissima condotta degli altri, soprattutto in merito ai mancati e tempestivi soccorsi.
Si può certo comprendere che le cose accadono in un attimo, che si rimanga attoniti, che si perda la capacità di ragionare e di reagire nella misura più giusta e responsabile, ma dopo un anno la Viola - anello debole di quella catena di menzogne e falsità e sicuramente mal consigliata, anche dai suoi stessi genitori - ha avuto tutto il tempo per riflettere e capire, al di là di ogni possibile pressione. Sempre che non sia completamente idiota o vittima di ricatto.
Non credo potrà resistere molto quando, in aula e fuori, sarà al centro dell'attenzione giuridica e mediatica e perseguitata da telecamere e microfoni.
Per il suo bene e prima di essere condannata, le consiglio di uscire da quel fortino di inerzia, di silenzi e di colpevole apatia e di arrendersi alla verità.  

24 maggio 2016 (Alfredo Laurano)

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