lunedì 23 maggio 2016

ISOLATI E CONNESSI

E’ lo strumento universale attraverso cui passano comunicazioni ed emozioni, ma anche giochi, foto, video, insulti, sfoghi, dolori, minacce e confessioni. Su cui transitano e si oggettivano stati d’animo e pensieri, ma anche atti di bullismo e di violenza, forme varie di discriminazioni, di raggiri, di truffe e di sessismo. Con un semplice messaggio, si organizza un viaggio, un incontro o un’avventura. Ci si innamora o ci si lascia con un click.
Insomma, nel bene e nel male, lo smartphone - telefono intelligente e multimediale dalle mille applicazioni - veicola e racconta buona parte della nostra storia individuale.
Pochi giorni fa, addirittura, una ragazza francese di 19 anni ha filmato il proprio suicidio, prima registrandone l’annuncio con parole e pensieri rivolti ai suoi amici su un social, poi lasciando acceso in funzione video il suo smartphone, mentre si lanciava sotto un treno.

Da bene di lusso è diventato subito un bene necessario, anzi insostituibile.
Da dispositivo mobile che serviva solo per telefonare dappertutto - una volta, ci stupivamo quando vedevamo qualche antesignano che parlava camminando, con quell’aggeggio in mano - è diventato un fedele compagno della nostra vita quotidiana, una protesi della nostra mano, con cui fare praticamente tutto. Dal raggiungere un luogo o un indirizzo con l’app navigatore, all'aggiornamento costante di informazioni e notizie, al controllo costante dei propri contatti sui social network, dei messaggi.
Alla posta, allo stadio, al ristorante, su treni e autobus o in qualsiasi altro luogo pubblico tutti sono impegnati, senza sosta, a smanettare con due dita su touch screen e tastiere illuminate, per avere il controllo totale su quello che ci circonda.
La tecnologia mobile ha del tutto permeato il nostro vivere quotidiano, dal risveglio al mattino, fino all'ora in cui si va a dormire. Molte persone non riescono a resistere nemmeno cinque minuti senza controllare quel magico schermo, perché ha paura di "rimanere disconnesso" dal mondo.

   Già i numeri del fenomeno sono impressionanti e dovrebbero far riflettere.
Lo guardiamo almeno 150 volte al giorno. Due terzi degli inglesi lo usano quando sono in bagno, il 41% dei giapponesi lo porta nella vasca, l'8% degli utenti controlla il proprio smartphone mentre guarda un film, al cinema, il 32% lo usa mentre è alla guida. L’11% degli under 25 americani interrompe un rapporto sessuale, se riceve una chiamata.
Nel 2009, gli italiani hanno parlato per ben 114 miliardi di minuti sul mobile, contro i 104 sul fisso, mentre le schede Sim nel mondo sono 5,2 miliardi.
Non solo: già dodici anni fa, uno studio dell’Università di Trieste mostrava che il 56% dei bambini di scuola elementare possedeva un cellulare e che solo il 32% lo spegneva per andare a dormire. Un comportamento ad alto rischio, perché il cervello dei bambini viene ancor più danneggiato dalle radiazioni dei telefonini di quello degli adulti.
L'uso di dispositivi mobili comporta l'esposizione continua alle onde radio che, secondo alcuni clinici, causerebbero danni al cervello e l'OMS ha ribadito che le radiazioni degli smartphone possono essere potenzialmente cancerogene.
Soprattutto i più giovani ne sono completamente assorbiti e spesso si isolano dal contesto reale in cui sono, solo fisicamente, presenti.

Se prima un certo stress veniva causato solo dallo squillo e dal suono dell'arrivo di un SMS dal cellulare, con gli smartphone il tutto si è amplificato a dismisura. Notifiche Facebook, MMS, WhatsApp, E-mail: una costante richiesta di attenzione, un continuo bip che obbliga a controllare, a rispondere, ad essere costante bersaglio di informazioni e scambi.
Con possibili conseguenze di dolori cronici, come la cosiddetta "tendinite da messaggio" o il rischio di problemi visivi, a causa dello sforzo dei nostri occhi, continuamente impegnati nella lettura del piccolo schermo.

Nelle indagini della polizia scientifica, i dispositivi mobili sono ormai assolutamente determinanti: si può scoprire esattamente dov'è o dov’è stata una persona (GPS), cosa ha mangiato, con chi è o con chi è stata, cosa ha fatto o chi ha cercato, cosa ha scritto, cosa ha pensato.
Oltre a celle, mappe e intercettazioni, foto, informazioni e dettagli, che noi stessi pubblichiamo ignorando la privacy, lo raccontano doviziosamente. Delitti e reati vengono ormai risolti grazie alle evidenti tracce o scie elettroniche che noi lasciamo ogni momento, segnalando, indirettamente, spostamenti e i nostri dati personali.

Siamo così social dipendenti da non poter fare a meno di giocare con le nostre protesi digitali, anche mentre camminiamo, a testa bassa. Le conseguenze sono: pali presi in pieno, come nei film, piedate che colpiscono con dolore i marciapiedi o, peggio ancora, scontri frontali con altri pedoni nella nostra stessa situazione.
In Svezia, dove il 70% della popolazione è attiva sui social, hanno pensato di avvisare del rischio chi si aggira per le strade con cartelli che segnalano tale pericolo, con la figura di un uomo e una donna che camminano a testa bassa guardando il proprio smartphone. Non essendo omologati dall’agenzia dei trasporti, con ogni probabilità dovranno essere rimossi.
E se può far sorridere, a Washington, per ovviare agli scontri fra pedoni, si è pensato di creare un’apposita corsia sul marciapiede dedicata a chi utilizza il cellulare mentre cammina.
Scherzi a parte, l’installazione di questi cartelli potrebbe essere utile, soprattutto, nelle stazioni della metro e ferroviarie: prestare attenzione nel salire o scendere dai mezzi, potrebbe evitare spiacevoli sorprese.
Distrarsi con il cellulare mentre si cammina per strada può essere fatale.
L'altro giorno, una ragazza milanese che ascoltava musica con le cuffiette è finita sotto un treno, che non aveva visto, né sentito arrivare, mentre attraversava i binari.

Non è, quindi, solo un tentativo di analisi e di costume, ma soprattutto un problema di sicurezza sociale, perché alcuni sono incidenti banali, altri, purtroppo, sono vere e proprie tragedie. Una vera e propria dipendenza, a volte anche molto pericolosa.
Gli smartphone sono quindi indispensabili?
No, per secoli il mondo è sopravvissuto e andato avanti senza, ma, come qualsiasi tecnologia di consumo, aiutano e possono essere molto utili.
Basta usarli con un minimo di saggezza e di equilibrio e ricordarsi ogni tanto di spegnerli per far riposare i nostri esauriti neuroni e per tornare a parlare guardando in faccia le persone.
23 maggio 2016 (Alfredo Laurano)


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