venerdì 23 ottobre 2015

SUBURRA CAPITALE

C’era una volta Roma.
Una Roma magica e preziosa, culla d’arte e di cultura, raccontata da cinema, poesia e letteratura in mille e più modi, nel suo splendore e nelle sue meraviglie, nei suoi miti e nei colori, nelle sue contraddizioni e nei suoi infiniti aspetti e sfumature. Col suo fascino che incanta, che cattura e non lascia indifferenti, fino al turbamento da sindrome di Stendhal. Tutti l’hanno sempre amata e contemplata, dal più grande artista o narratore, all’ultimo turista di passaggio: la Roma storica e imperiale, quella medioevale, quella barocca e rinascimentale, quella romantica e papalina, quella fiera e popolare, quella bellica, ferita dalla guerra, ma reattiva, quella verace dei quartieri e delle periferie, della ricostruzione e del neorealismo. Quella dei caffè storici e dei salotti dell’aristocrazia nera, dei nobili decaduti, dei gaudenti cardinali, degli scandali borghesi e della “dolce vita”, fino alla “grande bellezza” che il mondo le invidia ma, anche, fino alla sconcertante realtà di “mafia capitale”.

E poi, c’è l’altra Roma.
Quella di Suburra, il film di Stefano Sollima, che scava, infatti, impietosamente, proprio nella vita degradata della Roma di Mafia Capitale, dove il potere della Chiesa, dello Stato e della malavita si incrociano con vizi privati e giochi di Palazzo, con trame oscure di normale corruzione, con individui moralmente riprovevoli, con tangenti a gogò, ricatti e speculazioni di bande criminali e clan di zingari arricchiti - che rimandano agli Spada e ai Casamonica - per la conquista e il controllo del territorio.
Proprio come avveniva, in piccolo, nell'antica Suburra romana, quartiere-ghetto ai piedi del Palatino, dove c'erano bordelli e taverne: un punto di incontro tra nobili senatori e gente di malaffare. Dove mondi distanti e apparentemente inconciliabili tra loro entravano in stretto contatto.
 
Un sistema mafioso di pesi e contrappesi, esattamente come quello scoperto di recente di Buzzi e Carminati - che a giorni, sarà oggetto di rilevante processo penale - guidato e manovrato da una criminalità organizzata, cresciuta e ben nutrita all’interno di un apparato politico perverso e degenerato.

In un mosaico di policromi tasselli di contemporaneità e con un riferimento storico- temporale ben preciso, il film, basato sul profetico romanzo omonimo di De Cataldo e Bonini - che anticipa e denuncia collusioni e connivenze oggi a tutti note - si svolge in una settimana, dal 5 al 12 novembre 2011, giorno della caduta del governo Berlusconi (l’Apocalisse), in uno scenario in gran parte sovrapponibile alla famosa teoria dei "tre mondi" di Carminati:
il "mondo di sotto", fetente e sanguinario; il "di sopra", dei politici arraffoni, dei ricchi, dei prelati, degli imprenditori pirati; e il "di mezzo", dove un potere senza scrupoli governa il traffico dei soldi e ricatta il "di sopra" utilizzando il "di sotto.

In quei sette giorni, i destini di vari e veri personaggi, convergono tutti verso “l’Apocalisse”.
Una prostituta minorenne morta in un festino di sesso e droga con un cinico politico, una grossa speculazione a Ostia/Las Vegas, una legge in Parlamento che la deve consentire, lo scontro di famiglie ed esponenti della malavita per il dominio della città e un Papa Ratzinger che, forse stanco e sconvolto, sta maturando le sue dimissioni.

Tutto questo si compie, tra atrocità e ammazzamenti, in una spietata spirale di minacce, interessi e vendette trasversali, su un freddo e grigio litorale e in una Roma notturna, sporca e corrotta, cupa e sempre piovosa.
E quella pioggia, tema ricorrente e protagonista morale del film, non cessa mai.
Copiosa e violenta si infiltra ovunque e dappertutto, fino a far cedere le fondamenta stesse della città e delle istituzioni: politica, mafia e Vaticano uniti dall’arroganza della forza, dai privilegi e dal malcostume che impregna tutto e tutti, come l'acqua piovana che infradicia i vestiti.
E’ la metafora di un’escalation di violenza che non concede tregue o spiragli di salvezza, che tutto bagna e contamina, mischiandosi al sangue e alla brutalità, in una lunga notte senza fine.
Grandi uomini di potere e piccoli, vecchi o nuovi emergenti criminali: il politico corrotto e depravato (Favino), Samurai (Amendola), il vero re di Roma…” tu sei robba mia…noi possiamo comprare chiunque”, il rampante Numero 8 (Borghi), il traffichino mediatore (Germano), il troglodita capo zingaro col ferocissimo cane nella gabbia, la escort, la tossica, personaggi tutti destinati ad incrociarsi nel legame che esiste da sempre fra criminalità e potere politico-economico: l’antica Suburra romana, rivisitata e attualizzata.

Eccellenti il cast, le varie ambientazioni - sontuose ed eleganti o misere o pacchiane, come la super villa degli Anacleti, e le ineccepibili interpretazioni.
Tutti gli attori si muovono coralmente e con naturalezza in questo thriller metropolitano che, scritto e girato prima dei noti fatti agli onori delle cronache, anticipa il marciume di Mafia Capitale, secondo i prodromi dell’imminente nubifragio, per restare nell’allegoria di quella pioggia, che tutto inquina e allaga la città.
Le sequenze sono brillantemente fotografate e proposte in maniera estremamente dura e realistica, in una tensione narrativa e con un ritmo incalzante e coinvolgente, senza un attimo di respiro. Regia impeccabile, campi lunghi per esprimere distanza e inquadrature sempre giuste, coerenti e calibrate. 

Schifo, disgusto e paura sono le prime e più intense sensazioni che, dall’inizio fino ai titoli di coda, turbano lo spettatore che non vede l’ora di uscire da quell’ insopportabile incubo - come fosse, o come si augura che sia, drammaticamente finto ed immaginario - e di alzarsi dalla poltrona per tornare a vivere un clima di normalità e di quotidianità, fatto di cose semplici e abitudinarie. 
Ma è difficile ignorare quella realtà, circostanziata e spaventosa, che Suburra dipinge con assoluta fedeltà.
Anche se volgare, avulsa, traumatica e impopolare, ci tocca da vicino: è il mondo che oggi ci circonda, che ci ripugna e ci spaventa.
Forse è la catastrofe annunciata dei valori e dei sentimenti umani, il vero tempo dell’apocalisse.
 21 ottobre 2015 (Alfredo Laurano)


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