venerdì 27 novembre 2015

MARE SICURO

Quando penso che le mie figlie hanno oltre quarant’anni, che sono due belle donne, mature e intelligenti, capaci, libere e indipendenti, mi assale una sensazione di sorpresa e di incredulità. E ogni volta mi stupisco, già nel definirle e di scoprirle adulte, e del naturale ruolo di persone che la vita disegna e costruisce via via nella storia individuale di ciascuno. Un sentiero accidentato di esperienze che si tuffa e si confronta in quello collettivo della società dei diritti e dei doveri. 
Ma, ugualmente, mi prende la nostalgia canaglia: un improvviso ricordo, un luogo fatato, una serena vacanza, un episodio, un dialogo, un sorriso, un capriccio, un momento di piacere, di paura o di soddisfazione.
Mi succede spesso.

Sarà l’età delle canute chiome, l’emotività senile, il tempo che viaggia nella sua autonoma dimensione e che cambia le tue attese, i tuoi problemi e anche i tratti del tuo corpo.
Sarà la cinica realtà che impone, senza sconti ed omissioni, il suo ruolo, decisivo e dominante, su tutto ciò che appare o che ti sembra di scoprire. Che a volte attrae, t’invoglia o ti lusinga, ma spesso inganna con le sue asettiche, amorali leggi di natura. Che manifesta la sua assoluta indifferenza alle tue pene.
Che non rispetta i sentimenti, non riconosce le fasi di un percorso di vita che nel suo divenire appare lontano e lento, ma all’improvviso è già passato in quell’attimo che non hai saputo cogliere.
A quella realtà non gliene fotte niente dei tuoi “se” e dei tuoi “ma”, dei tuoi programmi, dei tuoi ragionamenti, delle tue giustificazioni.
Non resta che prenderne atto, ma con fierezza e con orgoglio: è come se infanzia, adolescenza, giovinezza, maturità e vecchiaia fossero solo titoli, capitoli fittizi nel nostro libro dell’esistenza, utili alla sua narrazione e a dare un senso alla sua lettura. Per non sovrapporre fatti, date e accadimenti, particolarmente crudi e difficili nell’impatto realizzativo, ma destinati poi a diventare solo ricordi.

Dalle speranze, alle presunte certezze, passando attraverso problemi vari, lotte, conquiste, illusioni e difficoltà, per raggiungere un traguardo, apparentemente assai lontano, fatto di tante tappe di pianura, di discesa e di montagna, dove vinci o perdi, ti abbandoni o ti distingui, tra una folla di persone care, di compagni, di affetti e d’amicizia che accompagnano la tua corsa e tifano per te.

E così scopri che crescere e invecchiare sono sinonimi.
Che non ci sono punti fermi, di arrivo o di partenza.
Che nulla è immutabile e per sempre.
Che quella realtà che ti provoca, ti ignora o ti avvolge nei suoi abiti cangianti, si smaterializza e perde la sua autenticità, la sua evidenza storica.
Che quelle bimbe che prendevi in braccio, che proteggevi, che imboccavi, che carezzavi, che curavi, che seguivi e che incondizionatamente amavi, con una dose d’ansia, a volte, esagerata, vivono una propria giusta dimensione, affrontano i problemi della vita con coraggio, sanno farsi valere ed apprezzare, navigano nel procelloso mare della vita, senza il tuo aiuto e i tuoi aliti di vento.
Da tempo hanno sciolto gli ormeggi, levato l’ancora, alzato le vele e preso il largo, anche se resti, non solo all’orizzonte, una precisa boa di riferimento, un’ansa discreta di sicurezza, un porto sicuro dove riparare in caso di tempesta.
Finché lo vuole la Capitaneria di Porto.
26 novembre 2015  (Alfredo Laurano)


                                                                             


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