giovedì 19 novembre 2015

DOPOTUTTO, APRES TOUT

Dall’aereo russo fatto saltare nel Sinai, alle bombe di Beirut e Baghdad, fino alla mattanza di Parigi: centinaia di morti e di feriti innocenti, in pochi giorni, come in ogni vile attentato.
Oltre al sangue, rimosso con i cadaveri, con le cose di ciascuno ed i detriti, restano fiori, candele e bigliettini.
E le speranze ed i sorrisi spenti.
Resta solo il dolore per le vittime, il pianto, l’indignazione, lo sconcerto e la paura che si traducono in istintiva voglia di vendetta, in un’inarrestabile spirale di rabbia e crudeltà.
Nessuna vittima era in guerra con qualcuno o contro uno stato o una comunità.
Nessuno era il nemico.
Non lo era la bella ricercatrice veneziana, la giovane barista del bistrot, i genitori fatti a pezzi che hanno fatto scudo al loro bimbo, salvandolo dalla bomba, la giovane madre che ha lasciato un figlio di diciassette mesi ed il marito, che ha scritto quella magnifica lettera sull’odio, o i tanti giovani che assistevano al concerto.
E nessuno era un simbolo, un obiettivo scelto, preciso e selezionato per motivare l’attacco o giustificare la follia. Il loro assassinio non aveva nulla a che vedere con loro.
Ognuno era solo una persona, un volto, una storia, un pezzo di umanità, di normalità che viveva la sua vita, le sue gioie, i suoi problemi, i suoi dolori. E. a volte, sorrideva con fiducia al suo futuro, augurandosi giorni di felicità.

Dopo l’orrore, l’incredulità e tanto spreco di vita, ora si respira aria di guerra.
Si vuole aggiungere violenza alla violenza, ben sapendo che ciò non risolverà il problema, anzi lo dilaterà.
C’è tanta rabbia e senso di impotenza in tutti noi, ma nessuna guerra, nessun bombardamento ci restituirà un’unghia di quei morti. Esaspererà soltanto la dimensione del terrore e del fondamentalismo islamico e accentuerà inevitabilmente la voglia di martirio.
Il terrorismo non è un prodotto genetico, ma culturale e ambientale: galleggia e cuoce nel brodo rancido che certo Potere nel mondo ha cucinato per le sue voluttà economiche, secondo i suoi gusti e i suoi bisogni.

Cominci l’Occidente ad attenuare le ragioni endemiche di quella condizione di assoluta emarginazione che nasce dalla continua vessazione, dall’ oppressione, dalla miseria e da quotidiani soprusi e discriminazioni.
Cominci a smantellare quello stato di perenne ingiustizia che conduce alla disperazione e a sopravvivere nell’odio, che si coltiva e si consuma fin dall’infanzia. Quel rancore e quel disprezzo che la fiducia in Allah e l’intolleranza religiosa giustificano, moltiplicano e trasformano nell’ideologia della vendetta, contro chiunque rappresenti quella oppressione.

Cominci l’Occidente a toglier acqua a quell’acquario di morte e fanatismo, non trattando e facendo sporchi affari con quei Paesi arabi, come i Sauditi e il Qatar, che lo finanziano e a cui cedono le armi, che comprano da noi.

Cominci a ricordare a tutti i suoi cittadini che quella che viviamo non è una guerra di razza o di religione.
Che non è, non può e non deve diventare uno scontro di civiltà.
19 novembre 2015 (Alfredo Laurano)

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