mercoledì 11 novembre 2015

IL SUO NOME E’ SEMPRE BOND

Si rinnova il mito di James Bond nella eterna lotta fra bene e male.
Nel ventiquattresimo film della celeberrima serie, il nemico di 007 è la famigerata Spectre, organizzazione criminale, responsabile di numerosi attentati in tutto il mondo, decisa a dominare il pianeta in stile orwelliano e a controllare anche la diffusione dei virus e la produzione dei farmaci.
Qualche mese fa, nonostante una certa esperienza, ero rimasto stupito nel vedere il minuzioso e perfetto allestimento dei luoghi delle riprese a Roma, un’area dalle enormi dimensioni, scelta come location naturale: praticamente, tutte le vie del quartiere e i vari e stretti vicoli di Borgo, a ridosso di San Pietro, dove Aston Martin e Jaguar erano impegnate in derapate, sgommate, frenate e acrobazie di ogni tipo. Con tanto di pubblico tenuto a debita distanza, molte ore prima di ogni ciak.
Per realizzare solo poche sequenze di un film come questo - che al montaggio racconta tutt’altra cosa - non poteva non esserci un’organizzazione capillare, set blindatissimi e imponenti misure di sicurezza: ogni spazio transennato e vigilato da un migliaio di addetti alla security, tutti in comunicazione via radio. Un esercito di operatori, macchinisti, elettricisti, attrezzisti, proiettori e fari ad altissimo voltaggio, montati su gru e puntati sulle facciate dei palazzi novecento e un parco auto ricchissimo di altre centinaia di vetture varie e attrezzate, camion, furgoni appoggio, torrette per cineprese e steadycam, tutto allineato lungo le antiche mura del Rione.

148 minuti di suspense, per 250 milioni di dollari di costi e 100 milioni di campagna pubblicitaria, per uno spettacolo di alta qualità: scene d'azione mozzafiato e suggestive ambientazioni, come il superbo piano sequenza iniziale nel centro di Città del Messico, affollato di macabre maschere durante la Festa dei Morti, che è forse la più bella del film. Non so se Spectre, il nome della superbanda dei cattivi, ha che fare con questa “spettrale” festa in pompa magna.
Il nuovo film di Sam Mendes ha incassato 5 milioni di euro in quattro giorni, con un media per sala altissima, di oltre 7mila euro per schermo (era distribuito in 707 sale).
Dal Messico a Roma, dall'Austria a Londra, passando per Tangeri e per il deserto, attraverso immagini straordinarie e scenografie mai casuali, realistiche pur nella finzione metafilmica.
Una colonna sonora potente, che echeggia spunti della tradizionale musica di 007, e una fotografia spettacolare, che sottolinea le atmosfere, i luoghi, i colori e le splendide location, sono in perfetta sintonia con la narrazione e impreziosiscono la pellicola, insieme allo stile british, alla compassata autoironia di Bond-Craig, all’ irresistibile fascino di Bond… James Bond, con le sue donne e il suo vodka-Martini agitato. Poco più di un cammeo quello di Monica Bellucci.

 Io non ho visto gli altri recenti film di Bond, ma, ricordando i primi e i più famosi degli anni sessanta - da Licenza di uccidere, a Dalla Russia con amore, a Goldfinger e altri con Sean Connery o quelli successivi, con Roger Moore e Brosnan - posso osservare che Spectre rappresenta forse l’evoluzione tecnica e tecnologica di quelli, pur conservandone l’impianto e le caratteristiche volute dall’autore Ian Fleming, ai cui romanzi sono ispirati.
Ritmo frenetico, scene sempre più spettacolari, acrobatiche e incredibili, molte riprese dall’alto (sopra gli alberi su Lungotevere), elicotteri in evoluzione e avvitamenti su sottostante folla sterminata, auto nel Tevere, inseguimenti nei vicoli di Borgo o con aerei senza ali fra i boschi innevati austriaci, auto, case, carrozze treno devastate, stanze segrete e dialoghi essenziali, a volte un po’ banali. E, soprattutto, effetti speciali formidabili, sostenuti da suoni e rumori ben sopra i cento decibel, che spaccano i timpani e l’udito.

Una pellicola coinvolgente e soddisfacente che ricalca, quindi, le nostalgie e le trame dei primi 007, ma che ha vestito gli abiti della contemporaneità per catturare gli spettatori più giovani, anche se non manca qualche incongruenza.
Per esempio, la grandiosa festa per le strade messicane - che ricorda quelle brasiliane - prosegue indifferente, anche dopo che un intero isolato è saltato in aria; il mitico agente 007, pur rotolando sotto le macerie, non si sporca e non si strappa mai il suo elegante completino da sartoria; i cambi d’ abito dei protagonisti sono più frequenti che a Sanremo; bagagli e tacchi in missione nel deserto.
Ma tutto questo è normale se riferito al sovrumano agente, chiamato ancora una volta a salvare il pianeta da un complotto di smisurate proporzioni.
10 novembre 2015  (Alfredo Laurano)



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