sabato 27 gennaio 2018

I CARE, ANZI ME NE FREGO

Nei nostri ospedali, soprattutto nei prontosoccorso di grandi città, ci sono lunghe attese per esser visitati, mancano posti letto, i pazienti sono parcheggiati per giorni nei corridoi o sulle sedie, c’è poco personale medico e paramedico, mancano le barelle che, all’occorrenza, vengono prese dalle ambulanze in arrivo (e che, quindi, non possono ripartire).

Le prenotazioni alla Asl per una visita specialistica, per un esame, un’ecografia, una mammografia, prevedono tempi biblici da sei, sette mesi a un anno per una risonanza.
Questi lunghi tempi di attesa e il peso eccessivo del ticket - il cui costo a carico dei pazienti negli anni è fortemente cresciuto - porta i cittadini a considerare il privato come scelta alternative al Sistema sanitario.
Senza dimenticare i casi - documentati dalle segnalazioni arrivate al Tribunale del malato - delle liste d’attesa gonfiate o deliberatamente rallentate per indirizzare i cittadini proprio verso l’intramoenia, cioè verso le prestazioni che offrono i medici d’ospedale, al di fuori dell’orario di lavoro e a fronte del pagamento di un onorario da parte del paziente.

Ma, nel bene e nel male, fra pregi e difetti, sprechi e casi di malasanità, eccellenze e disservizi, una Sanità pubblica c’è, esiste per tutti ed è gratuita - grazie alle tante tasse che paghiamo - garantisce l’emergenza e l’assistenza, nonostante i tagli sciagurati, le chiusure inspiegabili di strutture importanti e le ciniche manovre di bilancio, previste da improvvide scelte politiche e finanziarie.
E tutto questo, nel nostro Paese, rappresenta ed esprime un indubitabile valore sociale.

Al contrario di quanto accade nello stato più ricco, più democratico e più libero del mondo, dove se non hai i mezzi, un’adeguata assicurazione sanitaria o una copiosa carta di credito non sei curato e assistito, vieni sbattuto fuori dalle strutture mediche e cacciato dagli ospedali.
Come dimostra il recentissimo caso, che ha commosso e indignato il web, di una giovane donna afroamericana abbandonata fuori dall'ospedale di Baltimora, con addosso solo il camice dei pazienti, i braccialetti ospedalieri ancora ai polsi e con ai piedi soltanto dei calzini.
Così è stata "dimessa" e lasciata alla fermata dell'autobus, in evidente stato confusionale, perchè non poteva pagare le cure. Fuori la temperatura era di un grado sotto zero.
"Ho visto l'impensabile: una donna spinta su una sedia a rotelle fuori dall'ospedale in questo freddo cane. Ho cercato di aiutarla, di soccorrerla." Così ha riepilogato la scena Imamu Baraka, che passava in quel momento, che ha notato la scena e iniziato a girare il video, poi pubblicato, nel quale chiede spiegazioni e aiuto al personale che lo ignora, si gira e rientra nell'ospedale con la carrozzina vuota.
Sono immagini incredibili che non possono non suscitare rabbia e l'indignazione.

A differenza dei paesi europei, dove la sanità è un diritto universale garantito per legge a tutti, a prescindere dal censo e dal reddito, negli USA tutto si fonda, sin dalle origini, su criteri di natura essenzialmente privatistica.
A parte i tentativi dell’Obamacare del 2010, che ha esteso diritti e incentivi fiscali a fasce di reddito più basse e che Donald Trump vuole eliminare o ridurre progressivamente come sussidi per i poveri, il cittadino può curarsi soltanto se ha i soldi sufficienti per far fronte ai costi dell'operazione, della visita o del ricovero.
Insomma, se non hai dollari, nella civilissima America, patria della democrazia vagheggiata, ma incompiuta, non puoi curarti e vieni sbattuto fuori a zero gradi.
26 gennaio 2018 (Alfredo Laurano)






Vedi: https://www.facebook.com/imamu.baraka/posts/1946306892050110?pnref=story

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