mercoledì 24 settembre 2014

E' SEMPRE COLPA SUA

In questo ridicolo Paese, con la scusa di combattere “corporativismi e conservatorismi” che impedirebbero l’avvio di politiche nuove e coraggiose per la crescita e l’occupazione, si pretende di riformare il mercato del lavoro intervenendo, prepotentemente, come prima cosa, sui diritti dei lavoratori.
Se qualcuno non è d’accordo con il governo Renzi, Alfano, Berlusconi e relativo Patto del Nazareno - come la sinistra Pd, Sel e la Cgil che hanno provato a dire che sui licenziamenti senza garanzie non erano d’accordo - è un disfattista, un gufo, un rematore contro. E parte l’anatema.
Con tanto di videomessaggio alla nazione, l’arrogante puffo Renzi si è scagliato contro la “vecchia guardia che vuole lo scontro ideologico”.

Il famigerato articolo 18 è da sempre senza pace e senza dignità normativa, anche dopo la grandiosa manifestazione popolare di dodici anni fa, quando la Cgil radunò al Circo Massimo oltre un milione di persone per protestare contro la riforma del lavoro dell’allora governo Berlusconi.
Cambiano i governi, i ministri e i leader sindacali, ma al centro del dibattito resta ferma l’ossessione per l’articolo 18. Oggi, come allora, come sempre.

Già un mese e mezzo fa, l’Angelino del Viminale aveva affermato di voler liberare da ogni laccio l’imprenditore che volesse assumere qualcuno.  
“La solita fissa ideologica - avevo osservato e scritto in quel momento - tanto cara alla destra liberista, pur di eludere i veri nodi del mercato del lavoro. L’abolizione, non la chiedono più neanche le imprese! Forse dovremmo ricordargli che non serve abbattere quel “totem”, visto che le aziende assumono con contratti a termine e false partite Iva.”

Questo povero e sfortunatissimo principio elementare rappresenta una tutela per milioni di lavoratori perché impedisce il licenziamento illegittimo e discriminatorio (senza giusta causa o giustificato motivo) e non certo un ostacolo agli investimenti, come qualcuno vuol far credere.
Lo ripeto: sono ben altre le ragioni che li frenano: l’eccessiva e insostenibile tassazione, la corruzione dilagante e gli appalti truccati, la soffocante e opprimente burocrazia, la mancanza di certezze e garanzie, il pizzo e i ricatti della la criminalità diffusa.

Piuttosto che stravolgere ancora lo Statuto e quel che è rimasto dell’articolo 18, servirebbe una riflessione ragionata sui diritti e sulle norme, adeguata alla disperata realtà attuale, che potesse estendere, a milioni di pre­cari e disoccupati, le difese come il giusto salario, la maternità, le ferie, la malattia, la protezione contro i licenziamenti ingiusti, gli ammortizzatori sociali universali.
Nel raro, improbabile caso che si avesse a cuore la sorte e la tutela dei lavoratori.

23 settembre 2014                           (Alfredo Laurano)
                            

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