giovedì 1 novembre 2012

IL NOVELLO NON E' NUOVO

Anche quest’anno è arrivato il Novello. Un po’ in anticipo rispetto alla data classica del 6 novembre. Nonostante sia prodotto e consumato in Italia da oltre vent'anni, molti pensano ancora che vino novello sia sinonimo di vino "nuovo", ma non è proprio così.
Premesso che non parliamo di grande vino, o di vino di grande struttura, Il novello nasce da una tecnica di produzione molto diversa dalla vinificazione tradizionale: la macerazione carbonica, procedimento con cui si ottiene un vino fresco, morbido, dal sapore fruttato e vinoso, dal colore brillante e violaceo, profumato e petillant.

L’uva a grappoli interi viene chiusa in un contenitore sigillato ermeticamente, da una a tre settimane. La temperatura è intorno ai 30 gradi e l’ambiente è saturo di anidride carbonica. Si genera così una fermentazione alcolica intracellulare a carico degli zuccheri, in assenza di ossigeno che costringe le cellule dell'uva a passare a un metabolismo anaerobico 
Come fa allora a fermentare in assenza d’aria? Succede che l’uva che sta sul fondo del serbatoio viene schiacciata dal peso di quella sovrastante, rilascia succo liquido che entra in circolo come mosto e fermenta grazie ai lieviti naturalmente presenti sulle bucce. A questo punto c’è un’ulteriore formazione di anidride carbonica, di alcol etilico e di un alto grado di glicerina.
Al termine di questa fase di trasformazione enzimatica, si completa la pigiatura dell'uva e si lascia che l'eventuale residuo zuccherino venga trasformato in alcol, nel modo convenzionale. 

Il vino così prodotto è caratterizzato da sentori fruttati e aromatici (fragola e lampone), da morbidezza ed armonia di gusto, con livelli di tannino molto bassi. Un vinello di pronta beva e assolutamente privo della struttura necessaria per l'invecchiamento.
Va consumato infatti entro tre o quattro mesi, al massimo. 

La particolare tecnica della macerazione carbonica è nata quasi per caso negli anni ‘30 in Francia, dove si produce il Beaujolais Nouveau (solo con uve gamay), progenitore e riferimento del novello italiano.
Un gruppo di ricercatori stava sperimentando un metodo innovativo per la conservazione dell'uva, che prevedeva appunto il contatto con anidride carbonica. Come metodo di conservazione non si dimostrò valido, ma gli stessi ricercatori si accorsero che le uve tendevano a diventare "frizzanti" e ad assumere aromi particolari e gradevoli. Decisero quindi di vinificarle, ottenendo un vino molto diverso da quello tradizionale, ma decisamente apprezzabile sotto molti punti di vista: leggero e frizzantino, con bouquet aromatico e bassa gradazione alcolica, solo 11°. 

Non occorre essere sommelier o esperti enologi per apprezzarlo o denigrarlo, il “vin d’autunno” viene prodotto ormai in tutte le regioni italiane, da un’ infinita varietà di uve e consumato soprattutto in abbinamento ai prodotti di stagione.
In casa o in pizzerie, in enoteche, winebar, ristoranti e nelle piazze, dove sono numerose le feste e le sagre del periodo, non ha grandi pretese ma offre solo il piacere del gusto e del palato. Giovane e atipico rispetto ai rossi tradizionali, si presta alla sperimentazione di abbinamenti inusuali e ad accostamenti azzardati con pietanze saporite e piccanti. 
Grazie agli aromi fruttati e ai profumi varietali, il novello si sposa bene con tantissimi primi piatti, risotti e minestre e con piatti di carni e di pesce in umido o fritto. Anche se gli abbinamenti più usuali e ben riusciti restano le castagne, i salumi, i formaggi piccanti o a pasta molle, le zuppe di funghi e di verdure. 
Qualcuno lo avvicina persino ai carciofi che, come è noto, sono difficili da accompagnare al vino. Io non condivido affatto, meglio un vino di struttura o affinato in barrique. 

Un vino novello di qualità, comunque, è da tutto pasto ma non disdegna di essere degustato, anche come aperitivo, perché stuzzica il palato con la sua fragranza effimera.

31 ottobre 2012                                                                                             AlfredoLaurano 


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