giovedì 13 giugno 2013

STORIE DA LIBRO CUORE

Stipendi, indennità, diarie e vitalizi dei parlamentari. Da mesi, ormai, non si fa che parlare di questi argomenti sulla stampa, nei TG e nei talk show televisivi. Nonché, di riflesso, nei bar, nelle piazze e in pizzeria. Ovviamente, insieme ai contigui temi del finanziamento pubblico dei partiti, dell’alto numero di deputati e senatori (950), della complessa e farraginosa macchina legislativa che impiega ore e ore per votare un provvedimento e mesi o anni per approvare un semplice decreto. E di quanto tutto questo costi ai cittadini: oltre un miliardo di sonanti euro!
Mentre i presidenti di Camera e Senato si sono ridotto da subito lo stipendio, molti nuovi eletti, con fare innovativo e rivoluzionario, ingaggiano la guerra all’ultimo  scontrino per rendicontare spese, acquisti e pagamenti. E giustificare i propri emolumenti.

Ma forse non tutti sanno che, a inizio novecento, il combattivo socialista Pietro Chiesa da Sampierdarena, uno dei primi operai eletto in parlamento e cofondatore della Camera del Lavoro di Genova, non aveva i mezzi per mantenersi a Roma. I suoi compagni, portuali come lui, con grande sacrificio raccoglievano denaro per consentirgli di vivere nella città, pur di poterli  rappresentare adeguatamente.
No, non è una barzelletta. Anzi…. ce n’è un’altra!

Il contadino deputato socialista Pietro Abbo di Lucinasco (ma capitò anche ad altri suoi compagni di partito, compreso lo stesso Turati), non disponendo del denaro sufficiente per pernottare a Roma, usufruiva del cosiddetto “permanente”, rilasciato dalle Ferrovie dello Stato, che gli consentiva di dormire sul treno Roma-Firenze, andata e ritorno, e di rientrare la mattina presto, in tempo per l’apertura della Camera.

All’epoca, solo chi era benestante poteva permettersi il lusso di sedere in parlamento. Finché, nel 1912, non fu introdotta un’indennità parlamentare che, per non contrastare l’articolo 50 dello Statuto Albertino - “l’esercizio delle funzioni di senatore o deputato non possono dar luogo ad alcuna retribuzione o indennità”, fu prevista come “titolo di rimborso delle spese di corrispondenza”.
I “patrioti missionari” Chiesa e Abbo poterono così rinunciare alla colletta dei compagni e alla vita da dormiente pendolare.

Questi personaggi, che sembrano disegnati con puro tratto deamicisiano e usciti dal libro  “Cuore” della cosa pubblica,  andrebbero raccontati nelle scuole di partito e a tutti i giovani che si accingono all’impegno e alla militanza politica, con l’intento pedagogico, proprio da libro “Cuore” – con il quale, peraltro, i nostri eroi condividono anche il periodo storico di riferimento - di riscoprire la passione e le virtù civili. Di rispolverare  lo spirito di sacrificio, il rispetto per le istituzioni e la solidarietà che, oggi, appaiono ridicoli ammennicoli di un passato assai remoto e del tutto anacronistici.
E, soprattutto, di restituire alla politica il suo più giusto e nobile significato di vocazione, lotta e partecipazione per il bene di tutti, contro l’arrivismo, il tornaconto personale e le smanie di potere.

Non è romanticismo di maniera, ma un modo assai pragmatico, e un tantino rousseauniano, per riavvicinare i giovani, i delusi, gli agnostici e gli indifferenti a quell’arte che gente come Lusi, Fiorito, Belsito e “tesorieri d’Italia uniti”, hanno offeso e reso ignobile al giudizio popolare.
11 giugno 2013                                                       AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         

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