martedì 11 marzo 2014

LA CUSTODIA DEI PENSIERI

Una disordinata folla di pensieri invade la mia mente al suo risveglio, nel piacevole tepore del mattino. E proprio quando sarebbe dolce poltrire tra le piumate coltri e il morbido cuscino, o ciondolare senza meta tra il sogno e l’apatia, quel letto caldo, che ha ospitato il sonno, non induce al trastullo e alla pigrizia, ma costringe all’afflizione e al cruccio, al tormento dell’amara riflessione. Non ozio, quindi, ma fastidio e turbamento.

Sono pensieri anarchici, confusi e scombinati, una ressa incontrollata di immagini  scomposte e senza tempo.
Con prepotenza esagerata, si affacciano, si spingono l’un l’altro, si sovrappongono, stratificando. Sgomitano per conquistare un posto in prima fila, per catturare il corto raggio di luce che il faro dell’attenzione diffonde con avarizia: storie intime e private, situazioni e incontri occasionali, volti e ricordi familiari, dell’infanzia, della scuola, del lavoro, amori e riminiscenze del passato si alternano alla difficoltà dell’essere, all’ansia del presente, alle paure del futuro, ai fatti di cronaca che suscitano stupore, orrore e ripugnanza.

Questi flussi, che affollano la mente quando nasce il giorno - oppure, in qualche caso, quando muore - inseguono il ciclo dell’attualità, cercano nuove identità e spazi alternativi, che trascendano i rigidi tempi della storia, le date e i luoghi che li hanno generati.
Pretendono di essere riconosciuti, ripensati e rivissuti in un ruolo di inedita realtà, ricattando il loro custode tesoriere con la forza poderosa del ricordo. E, soprattutto, rilanciano le consuete domande sui tanti perché dell’esistenza.
Nasce un ingorgo inestricabile di sensazioni indefinite che intasa la ragione. Con fatica, cerco di controllarle e riallinearle nelle apposite caselle.

Mi capita da tempo trovarmi a governare la bagarre, questa disputa rissosa di impressioni e fantasie che congestiona l’intelletto e mette a dura prova la coscienza.
Occorre scegliere un percorso d’ordine, stabilire delle priorità: ora penso a questo… poi a quest’altro… poi ancora a quello… e scoprire, o meglio inventare, una credibile risposta a quelle domande impertinenti e al pessimismo. Una risposta che non sia retorica, accademica e consolatoria.

Ma come vincere la crisi di sconforto che subito ti assale? Dove trovare l’aiuto necessario a siffatta impresa solitaria? O un sostegno concreto a quel tentativo di gerarchia mentale, smentita, umiliata e contraddetta dalla tirannia del dubbio e del dilemma? Come riaffermare la supremazia della ragione?
Forse bluffando. O rinnegando, per compromesso o occasionale convenienza, l’evoluzione delle idee e dei principi civili, naturali, filosofici e scientifici che rischiarano la mente umana dall’età dei lumi.

A volte, sulle ali del sogno e dell’utopia, provo ancor adesso - in età più che matura - a cercarlo nel domani, nell’attesa di miracolistiche soluzioni.
Ma non basta cavalcare con fiducia la teoria della speranza. Inesorabilmente, quella spiraglio astratto, quel rimedio prodigioso cade al primo accenno di volo, sotto il peso perentorio dell’innato scetticismo: ennesima vittima designata dell’illusione che colpisce chi insegue la chimera.

L’oggi è ancora peggio: caduco, effimero, brutale e privo di certezze e di valori.
La nostra società si nutre e si corrompe di profitto, si esalta nella tecnologia e si esprime nella cinica competizione. Si consuma in tutta fretta nella violenza, nell’odio razziale e nella globale indifferenza.  Discrimina, separa e rottama i sentimenti e le persone.

Non resta che cercare in ciò che veramente ci appartiene e che nessuno ci potrà togliere o modificare. Tra le pagine della nostra storia personale, si può forse recuperare, in tutto o in parte, il buono, il bello ed il pregevole di quel che  abbiamo vissuto e realizzato.
Un fatto, un’esperienza, un valore, un momento importante della vita possono diventare un collegamento ideale, ma reale, a quei pensieri ingombranti, di cui ho fin qui parlato, che vogliono riappropriarsi di rinnovata dignità.

E proprio in quel passato, che il tempo ha nobilitato, vive qualche solida certezza che ci conforta e non ci abbandona mai. Che induce spesso una certa nostalgia, ma consolida la forza per contrastare la precarietà dell’esistenza e l’ eventuale senso che non ha.
E invita anche, con prudenza e una certa discrezione, a coltivare almeno un po’ di misurato ottimismo della volontà.

10 marzo 2014                                                        AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         

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