lunedì 15 luglio 2013

VARIEGATA UMANITA'



Al Bar Centrale si prende il miglior caffè della città di mare che da 14 anni mi ospita, soprattutto nel periodo estivo. 
Per tre o quattro anni ci sono stato fisso, anche nel freddo inverno, ed ho goduto la pace e i ritmi lenti, o per meglio dire umani, che questo luogo semplice e popolare sa ben dosare e offrire a tutti: a residenti, villeggianti, a gente di passaggio. 

E dire che, da quando degustai il primo caffè di Pietro - presentatomi da un agente immobiliare da cui poi comprammo casa – gli abitanti di Ladispoli e le automobili sono più che raddoppiati e la città è cresciuta in opere, traffico e servizi, con i problemi che ogni sviluppo e cambiamento si porta inevitabilmente appresso.
Ma resta pur sempre il salutare microclima, l’aria “bbona”, la sabbia nera - ormai ridotta a causa dell’erosione - la sagra del carciofo e il fascino del mare, su cui la sera affonda lenta   la rossa palla di fuoco. Sullo sfondo i ruderi dell’antica Torre Flavia e la relativa palude  - area  protetta - che offre rifugio e alimentazione a numerose specie di uccelli, soprattutto durante la stagione migratoria.

Torniamo al bar, ho voglia di caffè.
Al mattino presto, l’ora migliore per fare colazione seduti ai tavolini sul viale, arrivano via via clienti ed avventori. Tutti si conoscono e per tutti, tra un maritozzo e un cappuccino, c’è una battuta, un commento  e l’ironia di Pietro, sempre pungente e di buon umore.
Al primo tavolo, fuori, da sempre sosta il gruppetto dei fans di “Libero”, del “Giornale” e del Cavaliere. Sei, sette persone che commentano in scioltezza i fatti della politica, con decisa preferenza al gossip e alla denigrazione fisica dell’avversario. Slogan pesanti, pregiudizi velenosi e affermazioni piuttosto qualunquiste si incalzano tra loro. Sono pensionati, lavoratori locali e autonomi che, più che dalla crisi del Paese, sembrano preoccupati e presi dalle vicende del Silvio nazionale, vittima degli aguzzini magistrati, ma grande e ammirato, sciupafemmine.

L’unico che si distingue, pur partecipando con lucida freddezza al chiacchiericcio, è il buon Britannico, noto marmista della zona.
Dopo aver letto in macchina il giornale, sorseggia al banco il suo succo di frutta, esce con il cornetto in mano e, in men che non si dica, lo stormo di piccioni, appollaiati sui cornicioni del palazzo di fronte, si alza in volo, lo raggiunge e lo circonda. E lui, come San Francesco, distribuisce i dolci bocconcini di quel cornetto, comprato apposta e fatto a pezzettini. Così ogni mattina.
Amabile persona, di bell’aspetto, 83 anni ben portati, e di grande sensibilità. Appassionato cinefilo e instancabile viaggiatore, conosce bene il suo mestiere ed è esperto estimatore di pietre e marmi pregiati. E’ attento alle cronache politiche e sportive e segue il mondo con la viva curiosità di un ragazzino.
Ci si parla volentieri, soprattutto di cinema, di luoghi e di attualità, quando non è punzecchiato, con sarcasmo malizioso e un po’ volgare, dal gruppo fascio-reazionario per il suo noto antiberlusconismo. Senza scomporsi, con graffiante ironia e con arguzia canzonatoria, lui risponde a tutti per le rime, mettendo in ridicolo lazzi e facezie di quei critici da bar.
Spesso, si aggiunge qualcun altro a dir la sua, ad attaccarlo o a sostenere le sue ragioni.

Alle sette e mezzo del mattino, davanti al bar ed ai piccioni, si discute, si litiga, si cazzeggia e ci si becca,  come in parlamento. Ma senza risse, senza offese personali e senza parolacce.
Fino a quando arrivano i due, tre operai indiani del buon imprenditore - Britannico, dal nome del fratello di Nerone e non dall’aggettivo - che salgono nella sua Delta blu e insieme vanno a tuffarsi nelle polveri dei marmi del lavoro quotidiano.

Sulla passerella del bar Centrale sfila una grossa e variegata fetta di umanità, di ogni forma e colore, accomunata da quel senso di amicizia e di spontaneità che la grande città non conosce più, se non nei piccoli quartieri.
Ognuno è a proprio agio e come a casa sua. Entra, esce, si racconta e partecipa ai racconti altrui. Per tutti un sorriso, una parola, una pacca sulle spalle e una ritrovata disponibilità, anche ad ascoltare. Pezzetti di vita condivisi con disinvoltura in quel teatrino popolare, profumato di caffè.
In qualche momento, sembrano rivivere l’atmosfera scanzonata, le espressioni genuine e la vivacità dei film del grande Sordi o di Verdone.

A.Magnani e R. Rossellini alla Trattoria di Federici a Ladispoli
Forse anche per questo Rossellini, che amava e frequentava questi luoghi e questa gente, scrisse:  “Nel 1940 abitavo a Ladispoli, un bellissimo paese sul mare, non lontano da Roma.
La piazza del paese era un'immensa arena bruciata dal sole e battuta dai venti, una non piazza in realtà, un semplice spazio per permettere al cielo di giocare con la terra...”.
Oggi, la piazza più importante del ”paese” è a lui intitolata e riporta, scolpita a terra, la sua dichiarazione d’amore.
12 luglio 2013   (Alfredo Laurano) 

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