sabato 29 dicembre 2012

FACCIAMOCI UN PO' SCHIFO



Molti paesi e popoli della terra sono in guerra. Sempre, tutti i giorni. 
Per ragioni economiche, politiche o religiose. 
Per la crisi alimentare, per il costo del cibo, per l’accesso alle risorse idriche, per il petrolio. 
Milioni di persone soffrono la fame e combattono in qualche modo la miseria per sopravvivere. 
In Siria e in Palestina si consuma una quotidiana tragedia umanitaria.
Bombardamenti, stragi di bambini, stupri, violenze inaudite, omicidi a sangue freddo nelle strade e nelle scuole sono all'ordine del giorno e non stupiscono nessuno. 
Sono ormai la normalità, come il traffico, lo smog o le malattie. E le coscienze sempre più assuefatte.

In Italia, in Europa e nel mondo, la crisi economica e le conseguenti misure anticrisi adottate stanno portando da tempo nuove povertà. 
Aziende che falliscono, negozi che chiudono ogni giorno, salari e pensioni sempre più bassi e insufficienti e continue tasse che li falcidiano. Lavoratori in cassa integrazione o licenziati, eserciti di esodati, di precari e di disoccupati o operai che si murano in miniera per protesta. Anziani e casalinghe che comprano solo le offerte nei discount o cercano la frutta e la verdura nei cassonetti dei mercati. 
Moltissimi, anche se “godono” di stipendio o di pensione, mangiano alla Caritas e vivono in alloggi di fortuna.

Ma, dopo la stangata dell’Imu e nell'imminente attesa - tra pochi giorni - dei rialzi della tassa dei rifiuti, delle assicurazioni, dei biglietti ferroviari, dell’Iva e dei generi alimentari.... c’è Natale.
Anzi, per fortuna, c’è stato.

Anche se tutti sanno che il mondo va a puttane, che vivere per molti è diventato un privilegio o una scommessa - come lo è pure mangiare tutti i giorni o trovare e mantenere un lavoro ed un salario - si può non festeggiare il “santo” Natale? 
Con la sua magica atmosfera, con i suoi addobbi e le luminarie, con le sue promesse di pace, di fratellanza e di carità?
Tutti promettono di essere più buoni ed altruisti, come scrivevamo da bambini nelle letterine sotto il piatto. Anche quelli, e non son pochi, che della crisi se ne fottono perché non sanno nemmeno quanto rubano o guadagnano.
No, certo non si può non festeggiare. Il Natale è pur sempre una ricorrenza religiosa che va celebrata e santificata, proprio come facevano gli antichi romani con i Saturnali, di cui ha preso il posto, il colore dominante rosso e anche un po’ il significato. 

E perciò tutti a caccia del regalo. Nei negozi, nei centri commerciali, sulle bancarelle. Un corsa logorante contro il tempo, un attacco di follia collettiva che crea ansia, stress, traffico, ingorghi, inquinamento, debiti e, soprattutto, spreco enorme di denaro. “A questo che gli faccio?” “Non devo dimenticare nessuno!” “Non so se gli piacerà!”….

Questa moda assurda di sfrenato consumismo a orologeria, che tutti praticano a comando e sia pure a malavoglia, è diventato un obbligo sociale che nulla c’entra con la tradizione e  con la festività: ne snatura il senso, distrae e allontana dal significato della ricorrenza religiosa che dovrebbe invece indurre al raccoglimento e alla spiritualità. Almeno per i credenti, che sono la stragrande maggioranza. Oltre ad essere uno schiaffo doloroso a tanta gente bisognosa, che fatica a trovare da mangiare o a comprare latte e medicine.

Fino a non molto tempo fa, si facevano regali solo ai bambini, figli o nipotini, o ai familiari stretti. 
Oggi c’è “un pensierino” per tutti. Per i parenti, per gli amici, per il medico di famiglia, per il portiere, per i conoscenti e anche per quelli che si vedono per sbaglio una volta l’anno, in occasione del cenone o del pranzo di Natale, di un matrimonio o di un funerale e di cui si ignorano gusti e preferenze, o addirittura il nome.
Il tutto rigorosamente impacchettato in scintillante carta da regalo, con spaghi, bigliettini e cordoncini colorati e riposto in miliardi di buste e sacchetti di Babbi Natale o alberi con le palle. 

Altro spreco che si unisce a quello delle confezioni in plastica, cartone, vetro o metallo dell’oggetto, che il giorno dopo finisce nei rifiuti.
Un accumulo di roba inutile o non gradita, come buona parte di ciò che viene regalato, che si ripone in un armadio, in un cassetto, nella cantina. 
O tra le cose dimenticate, da riciclare, o che proprio non si sa dove conservare, nelle case stracolme che scoppiano di cose.
Per i capi d’abbigliamento, c’è invece il problema delle misure, dei colori, dei cambi e degli scontrini.

Insomma, una bolgia consumistica esasperata che, dopo lo stress assurdo da regalo, procura una caduta di energia e una forma di tristezza da tardivo pentimento.
E’ la depressione post-shopping compulsivo che prende quando ci si rende conto di quanto tutto questo sia vano, superfluo e artificiale. E che tutto quel denaro, sprecato inutilmente, poteva essere dato a chi ne ha vero bisogno, per vivere, mangiare e per coprirsi.

Così sarebbe Natale. Un grandissimo regalo a chi ha poco o non ha niente.
Con le famiglie, il presepe, la tombola e i fagioli.
Col profumo dei dolci della tradizione, cotti nel forno, che si confonde con quello della solidarietà.

Facciamoci un po’ schifo, anche a nome di Veronica, a cui Silvio, da oggi e per sentenza, “dona” 100.000 euro al giorno, per alimenti da cessato matrimonio….
E’ Natale, Veronica!! E’ Natale tutti i giorni.
28 dicembre 2012                                                        AlfredoLaurano  

  
                                                       

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