lunedì 20 agosto 2012

AVANTI POPOLO !

C’era una volta la Festa dell’Unità.
Dal 1945 e fino a qualche anno fa, le Feste dell’Unità, locali e nazionali, erano un appuntamento fisso e importante  per il partito comunista,  per  i  militanti,  per tutte le sezioni, i simpatizzanti e per i comuni cittadini  passeggianti nelle calde serate estive .
Vi si consolidava la coscienza di massa, si faceva alfabetizzazione. Nei primi anni si svolgevano anche concorsi di bellezza e gare sportive di ciclismo e pugilato.
Un bell’esempio di partecipazione, di forte aggregazione e anche di necessario e trasparente autofinanziamento, imitato poi, nel tempo, da tanti altri partiti, senza storia o senza alcuna tradizione.
Costituivano sempre un momento di dialettica politica, di dibattito , di riflessione e di confronto, di musica e spettacolo. Oltre che, naturalmente, di saporita cucina e gastronomia tipica del luogo, semplice e popolare, organizzata e gestita da cuochi e camerieri volontari. Si, migliaia di compagni volontari che ci mettevano tanta gioia, sudore e gran fatica. Molti ci spendevano le ferie.
Fumi e profumi guidavano il cammino dei visitatori tra gli stand.
Vino e salsicce, orgoglio e allegria!
C’era la tombola con le cartelle libere e i premi alimentari (vini, salami, prosciutti o al più la bicicletta); c’erano i comizi appassionati, gli striscioni scritti a mano, i berretti e i fazzoletti rossi, le falci e i martelli, tante fotografie e le  magliette del “Che”; non mancavano la riffa e la pesca di beneficenza, i pugni chiusi, i ritratti di Marx e Lenin, i rivoluzionari canti popolari.
Tutto in un sano e caldo clima da sagra di paese, un po’ alla Peppone e Don Camillo, tra le squillanti note di Bandiera rossa e dell’Internazionale, in sottofondo.
Oggi quei tempi sembrano lontani.
Si respira un’aria assai diversa, sommessa e distaccata. Borghese e misurata come fosse un raduno di ex democristiani o di cattolici assai morigerati. La Lega è ben più viva, sfrenata e intemperante. Come pure lo sono i meeting di CL e di Di Pietro.
Passato attraverso le trasformazioni della società, dal dopoguerra ad oggi – il boom economico, il consumismo, il sessantotto, il craxismo, le scissioni, gli opposti estremismi, il terrorismo,  le stragi di stato, la caduta del muro e dell’URSS  -  il gran partito, sempre più centrista e moderato, ha perso molto dell’antico smalto e la forza dei suoi riti e dei suoi simboli.  Le esigenze di mercato e le nuove strategie hanno contribuito a convertire quelle manifestazioni in kermesse commerciali e di routine. La Festa non è più dell’Unità, ma Democratica e l’omonimo  partito, già di massa e dei lavoratori, si trova a dover fare i conti  con la crisi politica, economica, ma soprattutto con quella della propria identità.
Poche settimane fa a Caracalla - lo slogan era “Roma ce la farà” (e il paese, i cittadini tartassati, i pensionati, i giovani disoccupati  e la sinistra?) -  tra pochi stand di libri, oggetti e abbigliamento, kebab e sfogliatelle napoletane, il palco musica e cabaret, lo spazio cinema e dibattiti, ho visto soprattutto una lunga sequela di bar e ristoranti d’ogni tipo.
Dal classico all’etnico, dal toscano al biologico, dal vegetariano al tipico, a quello di pesce,  della pizza, del fritto, della frutta o la maxi-paninoteca. E con prezzi non proprio popolari.
In un prossimo futuro, chissà, per i più raffinati gourmet che affollano le ex feste del PCI comparirà anche la cucina molecolare e il suo nume tutelare, il compagno Ferran Adrià (attenzione, non è il nome di battaglia di un prode partigiano, ma di un genio dei fornelli, armato di coltello da cucina!).
Altro che sfrizzoli e frittelle, piadine e squaquerone!
Resta, comunque, una nota positiva: l’utilizzo per tutti di stoviglie e materiali biodegradabili. Un occhio all’ambiente fa sempre il suo effetto.
Sembra proprio che andare al galà democratico oggi significhi soprattutto scegliere il posto giusto dove mangiare bene senza spendere troppo. Magari con la relativa   guida in tasca, che forse non è stata ancora pubblicata (quasi, quasi…) nell’abusato panorama di libri di cucina, ristoranti e trattorie: “Mangiar bene all’Unità”
E l’impegno, la partecipazione attiva, l’obbligo morale nei confronti del partito?
Non sembra assicurato ormai nemmeno il normale ricambio generazionale tra i militanti volontari, vere anime pulsanti dell’organizzazione.
Le Feste dell’Unità hanno sempre rappresentato la vicenda personale e collettiva di tantissimi uomini e donne che con convinzione, sacrificio e dedizione hanno fatto grande il partito di Gramsci, dalla più piccola sezione di quartiere, alle federazioni di provincia, alle sedi nazionali. Sono e restano la storia di un grande fenomeno politico, sociale e di costume. Di un cospicuo pezzo d’Italia che da umile tradizione popolare  diventa patrimonio di democrazia.
Anche se, come titola il suo libro Anna Tonelli, la nuova festa democratica potrebbe oggi chiamarsi: ”Falce e tortello”.   
Avanti popolo!
                                                         Alfredo Laurano 
         
   ... Tutte le nostre proposte, tutte le nostre lotte e le stesse nostre polemiche tendono e debbono tendere ad affermare il principio, il metodo e la pratica dell’unità....       (Enrico Berlinguer) 

     


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