venerdì 11 gennaio 2013

"SO’ SEMPE PAROLE D’AMMORE”



Ebbene si, sono stato veramente ingenuo a pensare, insieme a tantissimi altri però, che Silvio, prima o poi, avrebbe abbandonato l’arena di Santoro. Avevo scritto: “…ferito nell'orgoglio e nel carisma, s'alzerà e se ne andrà....da martire, da vittima e da eterno perseguitato!” Si sono fatte migliaia di scommesse sulla stampa e nell’opinione pubblica sul come e sul quando ciò sarebbe avvenuto.

Ma abbiamo sbagliato tutti perché non abbiamo semplicemente considerato che non sarebbe convenuto a nessuno: a Santoro in termini di audience e nel goloso ruolo super partes e garantista e di affidabilità democratica; a Berlusconi per dar prova di rinnovato vigore,  presenza e ritrovato coraggio nella pericolosa disfida, in campo avverso.
E così si sono reciprocamente contenuti e autolimitati, evitando eccessi, polemiche sterili e intollerabili provocazioni.

Non se ne è andato per niente, anzi, dopo un inizio prudente e guardingo - fase di studio dell’ambiente e dell’avversario - un po’ teso e accigliato nei tratti del viso, ha ostentato via via sicurezza e disinvoltura, fino ad essere a suo agio e a conquistare abilmente la scena, con l’accorto e dosato uso dei sorrisi, delle battute, della mimica facciale.

Da consumato attore e grande comunicatore ha addirittura ribaltato i ruoli quando - a scopo di vendetta e di sputtanamento - ha occupato la postazione di Travaglio. Da eterno imputato, si è trasformato in accusatore-pubblico ministero, elencando in una letterina preparata dal suo staff e con non poca faccia tosta, le numerose condanne per diffamazione a carico del “provocatore professionista” Travaglio che, su di lui e grazie a lui, ha scritto una Summa sistematica e completa. Sanzioni rivelate e snocciolate come se scaturissero da gravissimi reati penali: omicidi, rapine, stragi, mafia. Ma, per il grande pubblico, secondo le sue convinzioni, ciò non fa la differenza e infanga a sufficienza l’avversario. Metodi che ben conosciamo (Boffo docet).

Presa la scena con fare sornione e furbesco, il confronto politico è diventato uno show nel quale il rivitalizzato cavaliere ha condotto le danze, districandosi in slalom tra insinuazioni e domande imbarazzanti e recitando il solito spartito del paese ingovernabile, delle riforme che non mi hanno lasciato fare, dell’Imu che non ho potuto evitare, dell’assoluta mancanza di colpe e responsabilità. Evitando accuratamente di parlare della crisi, delle misure da adottare, della crescente povertà, della sofferenza delle famiglie e dei disagi dei lavoratori e di quelli che - delusi e incazzati - non lo voteranno più.

Eppure, il povero “diffamatore”, pur con toni più misurati, non sprezzanti e caustici come al solito, ci aveva provato a recapitare al presidente un bel ritratto, puntuale e documentato come sempre, di impresentabili “amici di famiglia” come Previti, Dell’Utri, Squillante, Tarantini, Lavitola, Lele Mora, Ruby, Minetti, Cuffaro e tanti altri, senza peraltro entrare nel gossip, negli scandali, nelle attività ricreative del bunga-bunga, ormai dimenticato, e nel merito dei processi e delle prescrizioni. Una lunga serie di personaggi ambigui, indagati o condannati che da sempre orbitano intorno a lui.
Sfortunato nelle amicizie? Porta sfiga ai suoi amici? O certe figure discutibili le attira come carta moschicida perché gli somigliano?
La vera e unica  risposta è stata l’inelegante gesto di Berlusconi di pulire e sventolare la sedia su cui era stato provvisoriamente seduto Marco Travaglio.

Comunque, nel tanto atteso gioco del conflitto televisivo, che ha avuto nove milioni di spettatori, ha prevalso il cavaliere con le sue macchiette. O, quanto meno, se l’è cavata bene nell’arena dello storico nemico.
Mai così in palla e lucido, né incerto e titubante come in moltissime esibizioni precedenti, pur giocate in casa o in campo neutro: da Vespa alla D’Urso, da Raiuno a Canale 5, da Giletti alla Gruber. Va anche detto e riconosciuto che non ha usato i consueti trucchetti demagogici, né esagerato con le citazioni strappacuore di famiglia o di bottega, con i soliti  slogan lisi e consunti e il drammatico repertorio di barzellette che propina ai suoi cortigiani. Si è adeguato all’ambiente, a quel tipo di pubblico, “informato e intelligente”, che non lo ama certo e lo deride, ed è perfino, a tratti, apparso quasi serio, credibile e in buona fede.
Tutto ben dosato e in equilibrio come mai, preparato e studiato con cura a tavolino da un’equipe di esperti e da strateghi.

Diciamo pure che è stato molto agevolato da quanto chiaramente concordato su regole, argomenti e colpi bassi, prima della trasmissione.
Mai incalzato più di tanto dalla Innocenzi e dalla Costamagna, anch’esse molto miti e contenute nell’aggressività verbale - forse per ordini di scuderia - anche Santoro, per apparire più imparziale di un codice di legge o dell’estrazione della lotteria, gli ha dato una buona mano, senza metterlo mai in vera difficoltà con i tempi e le interruzioni. Nessun monologo consentito e molta ironia nelle domande per stemperare il clima da battaglia.
Accondiscendente e bendisposto ha accettato il gioco delle parti, i siparietti del teatrino, lo scambio vivace di battute, allusioni e sottintesi.
Salvo irrigidirsi e inalberarsi per il rosario denigratorio sgranato e recitato come un mantra, con tutta la cattiveria e il disprezzo possibili, da Silvio contro Travaglio e predisposto dai suoi scriba a libro paga.

Più che un talk show politico, è stata una serata di spettacolo, la vivace rappresentazione di una commedia all’italiana che si poteva intuire già dall’editoriale del padrone di casa, pronunciato nell’anteprima, fra le note di Granada:
“…Non assisterete a una corrida, non vedrete Granada, città dei toreri, ma una piazza, un confronto che 100.000 persone hanno creato per tutti… anche per Berlusconi….
Perché chist'è 'o paese d' 'o sole, 'o paese d' 'o mare, 'o paese addó tutt' 'e pparole,
so' doce o so' amare, ma so' sempe parole d'ammore! 
11 gennaio 2013
                                                                                                  AlfredoLaurano                                             
                                       

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