Oltre alla Banda degli
ottoni a scoppio che accompagna il corteo funebre dal Teatro Strehler a piazza
Duomo, per l'ultimo saluto laico a Dario Fo, c’è un’altra folta banda di idioti
che, di tutto ciò che Dario ha dato a questo Paese, ricorda,
maliziosamente ed esclusivamente, la sua presunta adesione alla RSI.
A questi poveretti che
vogliono solo pregiudicare e screditare - come se non bastasse tutto quello che
Dario e Franca hanno dovuto subire in vita, a livello di discriminazioni e
oltraggi - vorrei semplicemente sottoporre alcune considerazioni.
Voi che con supponenza sentenziate e condannate,
riuscite a capire oggi, cosa volesse dire vivere il fascismo e nel fascismo a diciassette anni?
In quale clima, in quali condizioni…. Quando il regime imponeva, soprattutto ai
giovani, un’adesione incondizionata?
Questa, credo, sia la domanda giusta da porsi e
non le tante odiose affermazioni di chi, a scarso di argomenti, ama giudicare
le persone per categorie, come gli oroscopi o i segni zodiacali, e non per la
loro storia, la loro coscienza e il loro valore esistenziale, scagliano veleni
e frecce di ridicola ironia contro un grande del teatro.
A Repubblica, nel 1978, Dario Fo dichiarava: "Io repubblichino? Non l'ho mai negato. Sono nato nel '26. Nel '43
avevo 17 anni. Fin a quando ho potuto, ho fatto il renitente. Poi è arrivato il
bando di morte. O mi presentavo o fuggivo in Svizzera. Mi sono arruolato
volontario per non destare sospetti sull'attività antifascista di mio padre,
quindi d'accordo con i partigiani suoi amici….”
Vera o meno, questa affermazione, oggetto anche
di querela contro i propri detrattori da parte di Fo, resta una circostanza
relativa, una risposta alle insinuazioni e alle malignità, non probatoria. Significativo è l’uso che se ne fa: per
chiacchiere da bar o per l’avvilente gossip di certi giornaletti senza senso.
Dati i tempi bui e le diverse circostanze di luogo
e di vita, in un modo o nell’altro - come condivisione di idee o posizioni,
come collaboratori di giornali, di riviste, di premi letterari e manifesti o
come militanti o iscritti, o affascinati dal Littorio o repubblichini - hanno
portato la camicia nera, anche solo metaforicamente, una serie infinita di noti
politici, scrittori, attori e intellettuali.
Alcuni lo hanno fatto per opportunismo, altri
per paura o per ricatto, altri ancora per libera scelta.
Qualcuno non amava l’olio di ricino e il
manganello.
Qualche esempio?
Albertazzi, Biagi, Bocca, Boldrini, Guttuso,
Curzio Malaparte, Pavese, Guido Piovene,
Dino Risi, Roberto Rossellini, Enrico M. Salerno, Tognazzi, Mastroianni,
Vianello, Walter Chiari, Dapporto, Elio Vittorini, Ignazio Silone, Margherita
Hack, Eugenio Scalfari, Indro Montanelli e l’elenco continua….continua, quasi
senza fine.
Tutti questi si sono poi pentiti e ravveduti e
sono stati convinti antifascisti, nella vita, nelle opere, nei comportamenti.
Chi può e a che titolo e con quale diritto
condannarli?
Solo coloro che si dichiarano, ipocritamente,
fulgidi esempi di coerenza e di rigore, fin dalle fasce, cresciuti nella
libertà e nel benessere, acquisito senza sforzo o costrizioni. Vergognatevi!
15 ottobre 2016 (Alfredo Laurano)
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