Franca
lo aspettava e lui l’ha raggiunta.
E’
stato un colpo al cuore aprire oggi sul pc la pagina di giornale: Dario Fo ha
lasciato la vita con l'energia e la carica con cui l'ha vissuta.
Sento
il dolore dentro, in proporzione a quanto l’ho amato.
Veramente,
una straordinaria avventura artistica la sua, “che ha fatto di tutto per campare".
Settantanni
d’arte e di cultura, dei novanta vissuti, dominando il teatro, reinventando la
satira, la comicità con oltre cento commedie, racconti, romanzi biografici,
saggi. Ma anche da attore, scrittore, autore di canzoni, pittore, regista,
scenografo, analista politico: un talento infinito che ha fatto di Dario Fo il
più grande e famoso artista italiano dei tempi moderni. “Uno che sta dalla
parte della gente senza riverenze. Un uomo libero", ha ricordato Carlo
Petrini, dopo avergli fatto visita, l’altro giorno.
Che
altro dire, scrivere o pensare di questo geniale menestrello che, con la sua
stupefacente mimica, con il suo stile beffardo e canzonatorio e con la sua
suadente capacità di affabulazione, ha da sempre raccontato il rapporto fra
Potere, religione e società?
Che
in una lunga serie di opere, ritratti e personaggi ha rappresentato i grandi
temi della nostra quotidianità, anche attraverso la storia, i miti e la
leggenda?
Ricordo
tutti gli spettacoli di Dario e Franca che ho seguito al Teatro Tenda di piazza
Mancini di Roma, negli anni settanta.
Da
“Mistero Buffo” recitato in “grammelot” - un linguaggio eccezionale che si rifà
alle invenzioni dei giullari e alla Commedia dell'Arte, fatto di suoni che
imitano il ritmo e l'intonazione di dialetti padani e popolari - a “Morte accidentale
di un anarchico”, al “Fanfani rapito”, a “La signora è da buttare”, a “Settimo,
non rubare”, a “Pum pum! Chi è? La polizia” …
E
ricordo, soprattutto, le sue spassose improvvisazioni, i commenti caustici ai
fatti del giorno, le parodie, le battute che precedevano, di solito, la
commedia. Uno spettacolo nello spettacolo, ogni volta entusiasmante!
In
ogni passaggio, si coglieva la magia, la spontaneità, la bravura imbarazzante,
la vis comica innata, l’ironia pungente, la capacità di coinvolgere gli spettatori
e di farli sentire partecipi, amici e protagonisti.
Sotto
il palco, prima e dopo la recita in programma, Dario e Franca ridevano e
scherzavano con tutti noi, fra abbracci e pacche sulle spalle.
I
testi erano di satira politica e sociale per un teatro militante e popolare,
critico e alternativo, anche nei luoghi in cui si realizzava: piazze,
fabbriche, case del popolo e per un pubblico ben diverso da quello tipico dei
teatri classici o borghesi.
Gli
incassi servivano spesso per sostenere la militanza in Soccorso Rosso, che
aiutava, anche legalmente, i detenuti della Sinistra extraparlamentare e
controllava le loro precarie condizioni carcerarie.
Tutta
l’opera di Fo è intrisa di valori sociali e libertari, è anticonformista,
anticlericale e fortemente critica nei confronti delle istituzioni e della
morale comune, sempre attraverso lo strumento della satira feroce che non fa
sconti.
La
costante opposizione a ogni forma di potere prepotente e vessatorio ha reso Fo,
almeno fino al premio Nobel del 1997, un artista particolarmente
"scomodo". Non a caso, fu cacciato dalla Rai nel 1962 e poi
dimenticato per parecchio tempo.
In
molte farse, con o senza Franca, si è preso gioco anche del mondo ecclesiastico
che non l’ha mai molto amato.
Di
recente, dando ulteriore prova di onestà intellettuale e del suo spessore
umano, il laicissimo Dario Fo, l’impareggiabile buffone che da sempre ha preso
in giro Chiesa, potere, papi, presidenti, politici e cardinali, è arrivato,
paradossalmente, a schierarsi con il rappresentante massimo della chiesa
cattolica, papa Francesco, che in più occasioni ha apertamente criticato il
mondo del business internazionale, le banche e i poteri forti, i fanatici del
profitto a tutti i costi, i fabbricanti di armi, di guerra, di morte e di
violenza.
Un
uomo che Dario ammirava, in una naturale e non troppo sorprendente vicinanza di
pensiero e sentimenti, perché tenta migliorare il mondo e di tutelare i più
deboli ed emarginati e che per questo dà fastidio.
Come
dava fastidio lo stesso Fo, fino a qualche tempo fa.
Addio, incontenibile, poliedrico artista,
“giullare”, vanto della cultura italiana.
Insieme a me, ti
piange il mondo.
13
ottobre 2016 (Alfredo Laurano)
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