Da molti anni, sono finiti i tempi del
rispetto e della discrezione nell’ambito politico: quelli delle civili dispute
di Togliatti -De Gasperi, di Nenni-Fanfani, di Moro- Berlinguer.
Oggi, ciò che accade che nella degenerata politica
italiana - fatta di tifo da stadio, di ultras, di insulti, di palate di fango,
di pregiudizi, di basse insinuazioni e colpi proibiti - si trasferisce pari
pari nei talk televisi. In quei confronti che diventano, inevitabilmente,
scontri, assalti, duelli di parole, di gesti, di smorfie e di offese all’arma
bianca.
Sfide e conflitti, a volte feroci e
spietati, quasi come i combattimenti di galli o di cani, con i cittadini
elettori nelle assurde vesti di eccitati spettatori o di mandanti o di
scommettitori.
Nell’era dell’immagine e del virtuale,
tutto si consuma sull’altare della obbligatoria devozione che si deve a sua
maestà, la comunicazione, che ormai costituisce il fine, la misura, il valore e
il contrappeso di ogni attività, impresa o prestazione.
Per ovvie ragioni di bon ton e di
formalissimo rispetto, ciò non è avvenuto nel faccia faccia, in apparente punta
di fioretto, Renzi-Zagrebelski di due giorni fa. Anche se è stato un confronto
asimmetrico e piuttosto squilibrato.
Intanto, nonostante le scommesse della
vigilia e le valutazioni del post partita – che tanto appassionano gli utenti
che si schierano – non ha vinto nessuno e, in ogni caso, non è questo
importante per quel campionato.
Da una parte, un giovane bullo e ciarliero
nella parte del “signor Presidente del
Consiglio”, cerimonioso, ma pronto alle battute e al calembour, dai toni
stentorei, costretto a sopportare pause e a contenersi per non regalare punti
all’avversario. Somaticamente distratto e palesemente annoiato.
Dall’altra, il "nemico" della riforma
costituzionale, nei panni e nella persona di un professore di grande levatura
morale e culturale, ma non avvezzo a gestire i tempi e i ritmi televisivi e
quindi inadeguato e poco efficace.
Invece di continuare a chiedersi, come
quasi tutti stanno facendo da quando sono scorsi i titoli di coda del dibattito
da Mentana, chi ha vinto e chi ha perso, sarebbe forse più utile un’altra
riflessione.
Un tranquillo docente costituzionalista di
73 anni, abituato alla pacata riflessione, ai ragionamenti complessi, a pesare
le parole, a esprimersi con linguaggio articolato e ricco di incisi e
subordinate, a parlare ex cathedra e ai dibattiti più accademici che politici,
può “battersi”, dialetticamente e confrontarsi con un fine parolaio, abituato alle grandi platee,
che si esalta con stesso, anche se nella circostanza è apparso più composto e
meno arrogante del solito ?
Il divario sul piano della
comunicazione è eccessivo.
Troppo misurato e contenuto, nei modi e
nel linguaggio, anche non verbale, l’ ingenuo accademico contro l’ astuta volpe
dei led e delle piazze, un navigato massmediologo che mangia pane e connessione
tutti giorni, uso a vendere promesse e annunci, a gestire target e indici
d’ascolto, capace di sfruttare proficuamente il mezzo televisivo, adeguando
risposte ed espressioni dialettiche e centellinando falli verbali e mimica
facciale a misura. Capace di cogliere al volo l’occasione, anche estemporanea,
per attaccare, blandire,
adulare o lusingare, a seconda del momento.
Da questo punto di vista, non c’è proprio
partita!
(Alfredo Laurano)
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