mercoledì 12 ottobre 2016

OGGI, TERZA UDIENZA

“Fabrizio Corona non ha ammazzato nessuno e sta (di nuovo) in galera, mentre i Ciontoli stanno fuori. E’ intervenuto il ministro di Giustizia e hanno cacciato Clemente Russo dal teatrino del Grande Bordello! Perché non lo fa anche nel caso di Marco Vannini?”
E, così via, seguendo con altri confronti e considerazioni poco sensate, o fuori luogo e fuori tema. Come se ogni reato fosse uguali agli altri, al di là delle accuse, delle prove, della gravità, dei processi alle intenzioni, delle sensazioni personali e collettive.
Sono solo alcuni singolari commenti, fra i tanti, che, come un mantra quasi quotidiano, si possono cogliere sui social, dove il coinvolgimento popolare si esprime miscelando, in parti diseguali, tifo da stadio, frasi ingiuriose, condanne perentorie, voglia di vendetta, immagini sacre un po’ pacchiane e appariscenti, foto-montaggi e animazioni intermittenti di fiori, angeli, mari, soli e stelline luminose, al limite del kitsch, e suggestioni mistiche e simil-religiose.

Oggi, c’è l’attesissima terza udienza del procedimento penale a carico dei Ciontoli, per l’incredibile omicidio del ragazzo di Cerveteri, avvenuto a Ladispoli, che molti in tutt’Italia seguono con attenzione e con molta partecipazione emotiva. Compreso, soprattutto, il folto gruppo che, da tempo, si è costituito spontaneamente per sostenere la famiglia e chiedere giustizia e verità.

Mi piacerebbe sapere, però, da quella parte di persone sagaci e appassionate di quel gruppo cosa c'entra Corona, cosa c'entra quello del Grande Fratello e il ministro Orlando con la tragedia di Marco.
Il ministro di giustizia dovrebbe forse intervenire sulla Magistratura? Sul processo in corso o addirittura far emettere la sentenza che tutti aspettano? Pretendere una giustizia immediata e sommaria? Fare arrestare o impiccare il clan dei Ciontoli?

Non funziona così, cari giustizieri fai da te, neanche per i mafiosi che compiono stragi, sparano nei bar, fanno sparire persone nel cemento, sciolgono bambini nell'acido.
In una società democratica e civile, la giustizia, sia pure lenta e farraginosa, non pratica le vie del qualunquismo, della vendetta o la legge del taglione. Non agisce per compiacere l'opinione pubblica infuriata, per cavalcare l'emotività della piazza, per soddisfare la rabbia o le forme di isteria collettiva.
L'atroce vicenda di Marco non è e non può essere la pietra di paragone di tutti i misfatti dell'umanità.

12 ottobre 2016 (Alfredo Laurano)

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