Molti
paesi e popoli della terra sono in guerra. Sempre, tutti i giorni.
Per ragioni
economiche, politiche o religiose.
Per la crisi alimentare, per il costo del cibo, per l’accesso alle risorse idriche, per il petrolio.
Per la crisi alimentare, per il costo del cibo, per l’accesso alle risorse idriche, per il petrolio.
Milioni di persone
soffrono la fame e combattono in qualche modo la miseria per sopravvivere.
In
Siria e in Palestina si consuma una quotidiana tragedia umanitaria.
Bombardamenti, stragi di
bambini, stupri, violenze inaudite, omicidi a sangue freddo nelle strade e
nelle scuole sono all'ordine del giorno e non stupiscono nessuno.
Sono ormai la
normalità, come il traffico, lo smog o le malattie. E le coscienze sempre più
assuefatte.
In Italia, in Europa e nel
mondo, la crisi economica e le conseguenti misure anticrisi adottate stanno
portando da tempo nuove povertà.
Aziende che falliscono, negozi che chiudono
ogni giorno, salari e pensioni sempre più bassi e insufficienti e continue
tasse che li falcidiano. Lavoratori in cassa integrazione o licenziati, eserciti
di esodati, di precari e di disoccupati o operai che si murano in miniera per
protesta. Anziani e casalinghe che comprano solo le offerte nei discount o
cercano la frutta e la verdura nei cassonetti dei mercati.
Moltissimi, anche se
“godono” di stipendio o di pensione, mangiano alla Caritas e vivono in alloggi
di fortuna.
Ma,
dopo la stangata dell’Imu e nell'imminente attesa - tra pochi giorni - dei
rialzi della tassa dei rifiuti, delle assicurazioni, dei biglietti ferroviari,
dell’Iva e dei generi alimentari.... c’è Natale.
Anzi, per fortuna, c’è
stato.
Anche
se tutti sanno che il mondo va a puttane, che vivere per molti è diventato un
privilegio o una scommessa - come lo è pure mangiare tutti i giorni o trovare
e mantenere un lavoro ed un salario - si può non festeggiare il “santo” Natale?
Con la sua magica atmosfera, con i suoi addobbi e le luminarie, con le sue
promesse di pace, di fratellanza e di carità?
Tutti promettono di
essere più buoni ed altruisti, come scrivevamo da bambini nelle letterine sotto
il piatto. Anche quelli, e non son pochi, che della crisi se ne fottono perché
non sanno nemmeno quanto rubano o guadagnano.
No,
certo non si può non festeggiare. Il Natale è pur sempre una ricorrenza
religiosa che va celebrata e santificata, proprio come facevano gli antichi romani
con i Saturnali, di cui ha preso il posto, il colore dominante rosso e anche un po’ il significato.
E
perciò tutti a caccia del regalo. Nei negozi, nei centri commerciali, sulle
bancarelle. Un corsa logorante contro il tempo, un attacco di follia collettiva
che crea ansia, stress, traffico, ingorghi, inquinamento, debiti e,
soprattutto, spreco enorme di denaro. “A questo che gli faccio?” “Non devo
dimenticare nessuno!” “Non so se gli piacerà!”….
Questa moda assurda di
sfrenato consumismo a orologeria, che tutti praticano a comando e sia pure a
malavoglia, è diventato un obbligo sociale che nulla c’entra con la tradizione
e con la festività: ne snatura il senso,
distrae e allontana dal significato della ricorrenza religiosa che dovrebbe
invece indurre al raccoglimento e alla spiritualità. Almeno per i credenti, che
sono la stragrande maggioranza. Oltre ad essere uno schiaffo doloroso a tanta
gente bisognosa, che fatica a trovare da mangiare o a comprare latte e
medicine.
Fino
a non molto tempo fa, si facevano regali solo ai bambini, figli o nipotini, o
ai familiari stretti.
Oggi
c’è “un pensierino” per tutti. Per i parenti, per gli amici, per il medico di
famiglia, per il portiere, per i conoscenti e anche per quelli che si vedono
per sbaglio una volta l’anno, in occasione del cenone o del pranzo di Natale,
di un matrimonio o di un funerale e di cui si ignorano gusti e preferenze, o
addirittura il nome.
Il
tutto rigorosamente impacchettato in scintillante carta da regalo, con spaghi,
bigliettini e cordoncini colorati e riposto in miliardi di buste e sacchetti di
Babbi Natale o alberi con le palle.
Altro spreco che si unisce a quello delle
confezioni in plastica, cartone, vetro o metallo dell’oggetto, che il
giorno dopo finisce nei rifiuti.
Un
accumulo di roba inutile o non gradita, come buona parte di ciò che viene
regalato, che si ripone in un armadio, in un cassetto, nella cantina.
O tra le
cose dimenticate, da riciclare, o che proprio non si sa dove conservare, nelle
case stracolme che scoppiano di cose.
Per
i capi d’abbigliamento, c’è invece il problema delle misure, dei colori, dei
cambi e degli scontrini.
Insomma,
una bolgia consumistica esasperata che, dopo lo stress assurdo da regalo,
procura una caduta di energia e una forma di tristezza da tardivo pentimento.
E’
la depressione post-shopping compulsivo che prende quando ci si rende conto di
quanto tutto questo sia vano, superfluo e artificiale. E che tutto quel denaro,
sprecato inutilmente, poteva essere dato a chi ne ha vero bisogno, per vivere,
mangiare e per coprirsi.
Così
sarebbe Natale. Un grandissimo regalo a chi ha poco o non ha niente.
Con
le famiglie, il presepe, la tombola e i fagioli.
Col profumo dei dolci
della tradizione, cotti nel forno, che si confonde con quello della
solidarietà.
Facciamoci un po’
schifo, anche a nome di Veronica, a cui Silvio, da oggi e per sentenza, “dona”
100.000 euro al giorno, per alimenti da cessato matrimonio….
E’ Natale, Veronica!! E’
Natale tutti i giorni.
28 dicembre 2012 AlfredoLaurano