Da dove, stavolta, dalla terra, dal
mare, dal cielo?
Come, stavolta, con kalashnikov, con
coltelli, con bombe o con granate?
Dove, stavolta, in aeroporto, al
teatro, al ristorante o nel metro?
Quando, stavolta, di giorno, di notte o
di festa?
Perché e chi, stavolta, ancora una
volta, l’ennesima volta? E senza una vaga, impalpabile, possibile ragione?
No, stavolta, è diverso, cambia la
scena, il teatro e l’attore, ma il copione e la regia sono gli stessi.
Il terrore viene dalla strada, sulla
Promenade, in una sera di festa nazionale - la presa della Bastiglia - su un
bellissimo lungomare, con le palme, tra le famiglie che guardano serene i
fuochi artificiali.
Un grosso camion bianco si lancia sul
pubblico e lo falcia correndo all’impazzata, a 80 all’ora, zigzagando per
colpirne di più, per due lunghissimi chilometri. Gli spari della polizia si
confondono con i fuochi ed i bengala, le urla coperte dalla musica. Tutti
corrono inseguiti da un killer tir, come in un famoso film.
Tanti birilli umani volano in aria e cadono in
quel folle strike della spietatezza. E il bowling della Promenade diventa un
cimitero, a cielo aperto, sotto l’impotente luna.
Su quei duemila metri insanguinati del
celebre lungomare di Nizza restano oltre ottanta morti, compresi bambole e
tanti bambini - con ancora negli occhi stelle, girandole e scintille
pirotecniche - e centinaia di feriti.
Una folla impazzita e inconsapevole
scappa, si rifugia dappertutto, si accalca in preda al panico e non si rende
conto di quel accade e del perché di tanta ferocia e crudeltà.
Non c’è più intervallo, ormai, tra stragi
e sciagure, tra attentati e crimini devastanti, tra umani e disumani.
Non c’è più tempo per pensare e per comprendere.
Per la pietà. Per trovare una risposta a tanto orrore.
Mentre si consuma l’ennesima sconfitta
dell’umanità.
(Alfredo Laurano)
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