Qualche anno fa, la mia carissima amica
Caralella di Cerignola, provincia di Milano, mi ha fatto dono di una sua
spontanea interpretazione di un mio scritto dal titolo “Ti ricordi quando”, una
riflessione tra biografia personale e racconti di vita collettivi e condivisi.
Momenti vissuti e rivisitati con un velo di
nostalgia, tra gli angoli e le vie del tempo che scorre veloce e tutto ricopre,
che ha saputo subito leggere nella chiave giusta, tra toni di scherzo e
serietà, forse per comune sensibilità e per naturale empatia.
Voglio ancora ringraziarla per quel suo
impegno, che le pagine dei social mi hanno ricordato, riproponendo la mia
risposta a quel suo brillante modo di fare “arte”, che sa di strada e di teatro
popolare.
Dietro il sipario di qualsiasi suo
palcoscenico, reale o virtuale - come anche nella vita quotidiana (in famiglia,
al parco, al ballo, al mercato, nell’intimità - si riflette sempre la sua
anima, si affacciano i suoi cento volti, le sue mille espressioni:
Lella felice, Lella triste, Lella bambina, Lella sognante, capricciosa, pensosa, narcisa, vivace, turbata, sexy, folle, stravagante, delusa, arrabbiata, pittoresca, eterea, evanescente, con o senza veletta, cappello o coroncina. Tante umane maschere per rappresentare i variegati momenti di un’esistenza senza paletti e senza età.
Lella felice, Lella triste, Lella bambina, Lella sognante, capricciosa, pensosa, narcisa, vivace, turbata, sexy, folle, stravagante, delusa, arrabbiata, pittoresca, eterea, evanescente, con o senza veletta, cappello o coroncina. Tante umane maschere per rappresentare i variegati momenti di un’esistenza senza paletti e senza età.
Con non poca curiosità, ho assistito alle tue
lodevoli prove di interpretazione del mio testo. Noto e apprezzo, innanzitutto,
l’impegno e lo sforzo per i quali ti ringrazio fin da subito.
Poi, alcune mie impressioni personali e
qualche considerazione, diciamo tecnica.
Quando racconti e descrivi, con autentica
emozione, i lontani momenti di vita velati dal ricordo - certamente miei, ma
nei quali ti riconosci in buona parte perché comuni o uguali ai tuoi - colpisce
subito, e non è certo una novità, la naturale ironia con cui li condisci.
Forse, inconsciamente, anche per sconfessare e un po’ ignorare il tanto tempo
passato da quei giorni.
Come il prenderti continuamente in giro
danzando il valzer anzi, nel tuo caso, il tango dell’autocritica costante: gli
occhiali, le esclamazioni originali, la voce roca alla Tina Pica, le
interpunzioni.
E così si prospetta, sulla scena e alla
disfida, Lella contro Filomena, doveri di nonna contro esigenze di donna,
fantasia contro pragmatismo, sogno contro realtà.
Spiritoso l’intercalare e molto divertente la
frequente alternanza della forma dialettale con quella dell’italiano formale,
ornata da spontanee imprecazioni e osservazioni estemporanee.
Come ho già avuto modo di dirti, ciò denota
lo stampo della “fiera terrona padanizzata suo malgrado”, che non rinnega le
sue origini ma le esibisce con orgoglio.
In questo magico mix di passato e presente,
di favola e realtà, di recitazione verace arricchita da spunti personali,
passionali e da un pizzico abbondante di malcelata nostalgia, si coglie
comunque il proposito di rispettare sempre lo spirito dell’autore e del testo,
senza alterarne il senso ed il significato.
Ciò ti rende attenta, severa con te stessa e
fa intuire quanto sia da te sentita e condivisa la narrazione, le situazioni
descritte, le forme, i colori e le atmosfere, pur di volta in volta con
sfumature e valutazioni diverse (ad esempio, la colonia). Esilarante o seria,
comica o triste, ma sempre vera e genuina.
E si riconosce soprattutto l’emozione, i
sentimenti che quei ricordi fanno riaffiorare.
Da un punto di vista squisitamente tecnico,
mi permetto un solo, umile consiglio.
Lo spettatore deve sempre essere catturato,
coinvolto e attratto dal percorso narrativo che gli proponiamo, Specialmente
quando lo invitiamo a rievocare, a rivedere, a rivivere fatti ed episodi che
conosce o che ha vissuto, in cui tende a identificarsi, con soddisfazione e una
qualche gratificazione: anch'io l’ho fatto… anche a me è successo. Che belli..
che momenti..che gioie…che pene…che tempi!
Per stimolare e garantire una attenta
partecipazione e la giusta empatia, dobbiamo mantenere ritmo e continuità,
perché non si distragga (oggi la TV esaspera ad oltranza questo concetto
mediatico, fino alla nausea e al rifiuto totale e perciò mi fa schifo). Quindi,
non possiamo divagare molto all'interno di un paragrafo descrittivo o di un
concetto che stiamo illustrando (come ho appena fatto io!). Meglio farlo e
commentarlo tra un argomento e un altro.
Come diceva il grande Fellini, non si
interrompe un’emozione, come fa sempre e purtroppo la pubblicità.
A te, novella Gelsomina, artista di strada,
da palco e da ringhiera, grazie, grazie ancora e un convinto applauso.
25 ottobre 2017 (Alfredo Laurano)
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