Della misurata (non poteva essere
altrimenti) festa del decennale del PD, o di quel che ne è rimasto - mancavano
i padri costituenti, le attuali minoranze e un bel pezzo di ex protagonisti, ormai
fuorusciti - la cosa che più mi ha colpito è stata la tristezza del povero
Veltroni.
Lontano dalla sua antica verve, dall’ottimismo
del "yes we can" (si può
fare) di obamiana memoria che l’ha sempre contraddistinto, privo di brio e
dinamismo, è apparso stanco su quel palco dell’Eliseo, quasi irriconoscibile
nella sua rassegnazione, testimoniata da uno sguardo eloquente, costantemente
velato di malinconia. Del tutto in linea con la sua nota, riconosciuta
sensibilità umana ed ideale.
Il linguaggio del corpo non mente mai
e, se tanto mi dà tanto, deve aver sofferto molto, tra nostalgia e rimpianti, al
di là delle dichiarazioni rituali e delle parole di circostanza.
Al suo fianco, invece il gagliardo
segretario attuale, l’uomo solo al comando, determinato e pragmatico,
prepotente ed arrogante, ambizioso e narciso. L’uomo che non deve chiedere mai,
ma solo pretendere, che si è scelto (da solo), ancora una volta, aspirante premier
e che governa il partito come una sua proprietà, così come padre Berlusconi pretendeva
di amministrare l’Italia come sua azienda.
Abbandonato il camper da rottamatore del
2012, è appena partito dalla stazione Tiburtina, su un intercity, preso in
affitto da Trenitalia - allestito per ospitare rappresentanti delle istituzioni
e amministratori dei territori: cento posti a sedere, cinque carrozze e un
vagone dedicato agli incontri - con cui, accompagnato dai suoi fedelissimi
scherani Richetti, Bonifazi, Morani, Martina e alcuni militanti delle fila
giovanili, girerà nei prossimi giorni tutte le province italiane, in questo inizio
della sua campagna elettorale.
“Dobbiamo
smettere di parlarci addosso (a
chi lo dice?) ed entrare nei problemi
veri degli italiani" - ha spiegato l’aspirante premier viaggiatore - "La politica fatta in mezzo alla gente
è tutta un'altra cosa, il senso del viaggio del Pd è quello di uscire dal
chiacchiericcio del Transatlantico. È una campagna di ascolto".
“Mi auguro che si ritrovi il più possibile
il dialogo con quella parte della Sinistra che è molto grande nel Paese e che
su quel treno ci siano ago e filo a sufficienza per ricucirla”, ha risposto, “pacatamente, serenamente,
sommessamente”, il tristissimo “Vuolter”.
(Alfredo Laurano)
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