Porcellum, Italicum, Consultellum, Mattarellum e
Mattarellum rovesciato, Rosatellum, Fianum, Verdinellum, Tedeschellum e, per
chiudere in bellezza, Fascistellum.
Già solo a leggere e sentire tutti i giorni queste
orripilanti definizioni mediatiche - degne dei neologismi dannunziani o
partorite dai peggiori Futuristi del terzo millennio - vengono i conati e anche
l’orticaria.
Un po’ di latinorum alla don Abbondio e passa la paura e,
forse, anche una possibile stupida, monca, furba, calibrata ai propri
desiderata, legge elettorale, che garantisce solo chi la fa, e dove valgono e
vincono i nominati. Secondo una sorta di contrappasso per contrasto del Grande
Fratello, politico e televisivo, a vostra scelta.
Dopo le nomination, però, non c’è il televoto e non esce
mai nessuno: tutti annaspano e sopravvivono senza pudore nel “Grande
Bordellum”.
Proporzionale puro e preferenze, maggioritario secco o
misto, con o senza un po’ di proporzionale gratinato, per contorno, sbarramento
al tot per cento, voto disgiunto, premi di maggioranza. Come si fa a fare una
legge condivisa da tutti? Tutti vogliono giocare al Tressette o al Burraco
elettorale, ma ognuno con le proprie regole e convenienze.
Se ne discute da oltre quattro anni. Quattro anni di melina
fra rinvii, diversivi, chiacchiere e accordi mancati sottobanco, ma l’unica
cosa certa è che si deve prendere atto dell'incapacità del Parlamento e dei
partiti di trovare un'intesa chiara sul come votare, non basata su vantaggi di
parte, ma su un meccanismo, semplice e neutrale, che consenta ai cittadini la
piena potestà di scegliere i propri rappresentanti, quale parte indispensabile
della fiducia nella politica e nelle istituzioni, oggi perduta.
Siamo nel Paese dove la politica è intesa come arte del
possibile.
Dove, invece, con la “fiducia” si costruisce il capolavoro
di un voto che sembra pensato apposta per creare sfiducia. Per provocare un
sentimento di “rabbia, nausea e sconforto”, per l’indecoroso spettacolo del
voto di fiducia sulla legge elettorale, che ne annulla la discussione e il
confronto in aula.
Tra quei banchi non dissimili da quelli del mercato, urla,
schiamazzi, insulti e proteste testimoniano l’immagine cupa e imbarazzante di
un fallimento politico, soprattutto renziano.
Con quest’ennesima scelta coercitiva - non gradita nemmeno
dall’ex presidente Napolitano - si realizza un ulteriore affronto al popolo che
si è già abbastanza arreso alla depressione elettorale e alla democrazia del
“come mi conviene”. Sono rimasti in pochi, e sempre meno numerosi, quelli con
la voglia di andare ai seggi a barrare una scheda colorata.
Infatti, chiuse le urne, vince sempre il partito più forte
e convincente: “Forza astensionismo”.
Per le opposizioni, è un colpo di mano gravissimo, a pochi
mesi dalle elezioni politiche. Per la maggioranza, anche molto trasversale, è
un atto di responsabilità.
In verità, forse, pochi vogliono davvero la riforma, perché
a molti conviene la confusione e l'incertezza, fra le macerie di una democrazia
sempre più zoppa e la vergognosa reputazione di chi ci governa.
(Alfredo Laurano)
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