Nel
nome del padre, del figlio e della figlia.
Magari,
poi, si esibirà anche la madre di tanti gloriosi figli, nonché moglie del
patriarca Ciontoli. Viola, la fidanzata inspiegabilmente complice del
primogenito, alla Corte ha detto poco e pianto assai.
L’ultima
udienza del processo Vannini dell’altro giorno è sembrata una specie di
siparietto comico in un clima tragico, un frammento della commedia
dell’assurdo, dove la fantasia ha violentato la razionalità, l’improbabile ha
sfidato l’inverosimile, l’impossibile ha cercato, invano, di prevalere
sull’incredibile.
E’
inaccettabile e inconcepibile, nel nome del padre, che il Ciontoli, di
professione militare, affermi che pensava che la pistola fosse scarica e che
avrebbe sparato per sbaglio e poi per scherzo, dopo aver mostrato a Marco come
si caricava e scarrellava l’arma.
Ha
sparato istintivamente, come fanno i bambini di sei anni che giocano col
fuciletto di plastica e lo puntano contro l’amichetto avversario.
Il tutto, girato e raccontato
come fosse una sequenza grottesca di un film di fantascienza, nello scenario innaturale
di una vasca, dove un aitante giovane, nudo, è immerso per lavarsi.
Probabilmente, lì, in quella casa, si usava così: chiunque poteva entrare in
bagno, occupato, per mostrare una pistola, chiacchierare di politica, del tempo
o della cena consumata, o raccontare la favola della buona notte.
Nel nome dell’inattendibile
figlio Federico, bisognerebbe candidamente credere che, uno che ha frequentato
la prestigiosa Scuola militare dell’Annunziatella, non sia e non fosse in grado
di riconoscere un fragoroso colpo di pistola - che non è proprio del tutto
simile al rumore di un oggetto che cade o a un colpo di tosse - esploso in casa
e nel silenzio della notte. Né di avvertire il tipico odore acre della polvere
da sparo. Forse il giovane distratto era raffreddato.
E
nel nome della figlia, Martina, fidanzata da tre anni e amatissima da Marco,
cosa pensare?
Studia
da infermiera, ha fatto esami universitari e tirocinio in ospedale e non si
accorge della gravità della situazione? Che Marco si lamenta di continuo per il
dolore (non urla, secondo lei) e lei - presumibilmente in apprensione e
preoccupata - non si prodiga per farlo arrivare subito al Pronto Soccorso, in
auto o in ambulanza?
E’
vero, come imputati, hanno il diritto di mentire per difendersi, ma manco al
convegno dei cretini si sentirebbero simili castronerie.
Sembra
veramente la fiera del paradosso, il clan dei vili Ciontoli, degli imbelli e degli
incapaci. Anche se per tali vogliono far passare il tribunale, i giurati, la
famiglia del povero Marco e tutti noi.
Hanno
avuto oltre due anni, questi inetti, per imparare maldestramente la parte che avrebbero
dovuto recitare in tribunale e per confondere le acque della logica e della
sensibilità umana.
Ma
non possono così goffamente offendere l’intelligenza del comune cittadino.
(Alfredo Laurano)
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