I soliti commenti crudeli e impietosi che
avevano condannato la scelta delle due ragazze italiane di portare aiuti in
Siria, hanno accompagnato, inesorabilmente, anche la loro liberazione. Con il
carico aggiuntivo di critiche e polemiche: quanto denaro è stato pagato per il
riscatto, quanto ne sarà usato per comprare armi e uccidere ancora?
Osservazioni anche giuste e, in parte, condivisibili.
Ma la vita umana? La vita di due giovanissime
volontarie non conta niente? Il sacrificio di chi si spende per aiutare altri che
non hanno nulla, se non la propria miseria e la propria disperazione, ha un senso
o è come andare in discoteca a sballare con gli amici. C’è una qualche
differenza tra impegno e disvalore?
Sorprende,
al contrario, come nell'era dei consumi, degli stereotipi sociali, del
neoedonismo psico-socio-liberista ci sia ancora qualche folle ragazzina che
rinuncia a giocare con l’iPhone e agli altri riti collettivi per combattere il
cinismo e l’indifferenza.
Cinque mesi e mezzo di prigionia consumati in
condizioni drammatiche, tra minacce e violenze brutali. Questa, senza scendere
nei dettagli, è la cruda sintesi del sequestro di Greta e Vanessa. Finito nel
migliore dei modi, fortunatamente, ma sospeso fino all’ultimo tra rischi e
incertezze.
Sono arrivate questa notte a Roma, stremate e
senza forze. Non sarà facile per loro metabolizzare quest’esperienza.
In ogni caso, visti anche casi precedenti, sarà
opportuno rivedere e ripensare - sul piano pratico e politico - le attività
delle organizzazioni italiane di volontariato che operano in teatri di guerra e
di terrore, dove il rischio di sequestri e il pericolo di vita è così alto che
nemmeno i più sofisticati apparati di intelligence possono evitare o prevenire.
Ma, comunque la pensiamo, che giochino a ostaggi
e prigionieri, che siano amanti del brivido e dell’avventura, o che siano messaggeri
di pace e di solidarietà, queste due fanciulle coraggiose meritano una qualche
considerazione, anche perché non cercavano la luce dei riflettori o i titoli di
stampa o la nomination al “grande bordello”.
Almeno,
un po’ di più di tante dolci dame di compagnia che siedono, beate, in Parlamento.
16
gennaio 2015 (Alfredo Laurano)
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