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gennaio 2015, ore 12,30.
Dopo averne incredibilmente perso le tracce
per tutta la giornata di ieri, le forze di polizia francesi hanno accerchiato
una tipografia alla periferia di un paese a 45 chilometri da Parigi, dove ci
sarebbero i due presunti responsabili della strage al Charlie Hebdo, con degli
ostaggi.
Devono prenderli vivi. Non devono ucciderli e
impedire che si ammazzino da soli, come martiri. Solo così potrebbero
contribuire e fugare, almeno in parte, i dubbi e i sospetti sulle condotte, le
contraddizioni e le strane dinamiche (carta d'identità, colpo di grazia,
superamento di tre posti blocco) che hanno accompagnato il barbaro attentato.
Ma, sono convinto, che non lo faranno. Tra
poco ci diranno che si sono immolati nel nome di Allah.
Ore
19,30
La caccia è finita. Bilancio: 17 morti, fra
cui quattro ostaggi uccisi poco fa, e una giovane poliziotta (uccisa ieri),
oltre i tre terroristi.
Ora che si è concluso nel sangue - come era
facilmente prevedibile - il doppio blitz francese, forse dovremmo occuparci
anche delle duemila vittime della Nigeria.
Continueranno sicuramente per ore e per
giorni le dirette no stop, gli speciali, gli approfondimenti delle varie Tv sui
terribili fatti di Parigi.
Opinionisti, studiosi, politici ed esperti
militari pontificheranno a lungo nei salotti formulando ipotesi e teorie;
indicheranno risposte, interpretazioni e stravaganti soluzioni; condanneranno a
oltranza la violenza e il terrorismo islamico, ma qualche minuto di attenzione
e di informazione sui massacri africani (2000 morti nei villaggi nigeriani rasi
al suolo in queste ore), difficilmente, lo troveranno.
Sarebbe il dovere minimo dell'informazione.
Ma Parigi è qui vicino, e la Nigeria è
lontana, assai lontana!
E, poi... so' tutti neri!
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