Non
fu un presepe (vivente) come lo conosciamo noi, con gli angeli, i pastori e la
sacra famiglia. Si trattò della celebrazione dell’Eucarestia su una mangiatoia
(praesaepe, in latino) con solo l’asinello e il bue, ma davanti a una folla di
poveri accorsi per l’occasione.
Tutto
ciò per ribadire che l’umiltà e la povertà sono la culla del cristianesimo,
come ricorda ancora oggi papa Francesco.
Solo
successivamente nei presepi del mondo sono stati aggiunti gli altri personaggi.
Da
quel momento, infatti, si diffuse l’usanza di riproporre quest’allestimento
nelle chiese durante il Natale, con figure di terracotta, cera o legno e, con
il tempo, anche nelle famiglie. Inizialmente solo tra coloro che potevano
permetterselo, come le case dei nobili dove era un prezioso soprammobile,
svuotato dal suo significato originale, un modo per mostrare la propria
ricchezza.
Anch'io,
senza essere ricco e nobile, sono stato sempre affascinato dalla magia del
presepe. Del suo calore, della sua costruzione, della sua sempre diversa
scenografia, piena di angoli e paesaggi, di monti e fiumicelli, di luci e di
colori, e dell’odor soave del muschio vero di una volta.
Passione, amore e tanta fantasia, ricordi d’infanzia e di famiglia, di figlie stupite, emozionate e rapite da quel sogno: sensazioni scolpite nel tempo, che solo quelle scene antiche e serenamente pastorali sanno regalare. Ne ho fatte tante, ve ne propongo alcune.
Passione, amore e tanta fantasia, ricordi d’infanzia e di famiglia, di figlie stupite, emozionate e rapite da quel sogno: sensazioni scolpite nel tempo, che solo quelle scene antiche e serenamente pastorali sanno regalare.
“Trovavo ‘n’angolo, ‘n cammera
de pranzo e ‘ncominciavo a fa’ ‘n telaio d’aricoprisse co la carta azzurra
traforata de stelle.
Aricoprivo tutto co la carta
mimetica, sortiva fòra ‘n grottone. Le lampadine intramezzo a li du foji
faceveno arisarta’ le stelle.
Co la carta mimetica,
stropicciata, ce facevo le montagne e intramezzo lasciavo er vòto de la grotta.
L’impianto de luci che giranno
‘n’interuttore facevno cambia’ arba, giorno, sera e notte. Arivaveno li
pupazzetti e tutto s’ariempiva cor muschio (quello vero) e ‘na sporverata de
farina a fa’ la neve.
La notte de Natale, ar ritorno
da la Messa de mezzanotte, ce mettevo e Bambinello e er sei gennaro arivaveno
li Maggi.
Peccato che nun se ne vedeno
più tanti ne le case, sostituiti dar pagano Arbero de Natale.
Scusateme la prolissità, ma
quanno ce penzo me commovo.” (Svardo)
24
dicembre 2018 (Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento