“Oggi, tutto il mondo parla di
te, quando eri tu che volevi parlare del mondo”, ha
riassunto in una efficace considerazione, tra tante altre assai significative,
una sua commossa amica. Ma tutti abbiamo pianto, ascoltando quelle parole così
vere, così sentite, vibranti e cariche di affetto e di dolore, pronunciate dai
suoi amici, avvolti nella bandiera blu-stellata dell’Europa.
C’è
una bella gioventù che spera nel futuro, che crede nella speranza. Che vive di
desiderio.
C’è
una bella gioventù che crede nella verità e si dispone a raccontarla anche
mettendo in rischio la propria vita.
C’è
una bella gioventù che ha studiato, sognato e desidera un mondo migliore.
C’è
una bella gioventù che si chiamava Antonio Megalizzi che faceva il giornalista
a Strasburgo per la sua redazione Europhonica, un progetto radio legato al
mondo universitario. Così scriveva Claudia Pepe, all’indomani del mortale
agguato.
I
funerali di Antonio Megalizzi, barbaramente ucciso a Strasburgo da un terrorista
islamico, quando, dopo una normale giornata di lavoro, con alcuni amici aveva
deciso di farsi un giro tra i mercatini di Natale della città francese, si sono
tenuti ieri nella cattedrale di Trento, a piazza Duomo.
Alle
esequie hanno partecipato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il
presidente del consiglio Conte, Tajani e la vicepresidente della Camera.
Durante la funzione sono stati chiusi anche i Mercatini di Natale di Trento, in
segno di rispetto.
“Se Europhonica fosse stata
una metafora, sarebbe stata Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento
dell’indifferenza sull’Europa. Antonio non solo era il primo a guidare la
carica contro i mulini, ma aveva comprato i cavalli, studiato il percorso e
venduto i diritti d’autore della storia a Cervantes”.
Un ricordo anche dll’amico
Bartek,- accomunato dalla stessa passione e dallo stesso obiettivo, cioè
raccontare, tramite la radio, quell’Europa che li ha portati fino a Strasburgo
- morto accanto a lui, l’11 dicembre.
Conoscevo Antonio solo da tre
anni e avevamo un rapporto bellissimo. Il suo motore una sana ambizione, “Il
mio lavoro vale molto di più di una vacanza”, soleva dire. Ora Antonio continua
a vivere dentro di noi, porteremo avanti noi il suo sogno, il nostro sogno”, ha
detto un amico e collega di Antonio, raccontando, tra le lacrime, la sua
passione e il suo impegno.
L’Inno
alla gioia, dalla nona di Beethoven, simbolo musicale europeo, suonato da una
piccola, giovane orchestra, ha accompagnato l’ultimo saluto al Mega e al suo
nobile progetto.
“Il tempo è troppo prezioso
per passarlo da soli. La vita troppo breve per non donarla a chi ami. Il cielo
troppo azzurro per guardarlo senza nessuno a fianco. Nulla muore e tutto dura
in eterno”, scriveva il Mega nelle sue riflessioni.
Ma
così muore, invece, la meglio gioventù. Quella sana, curiosa, aperta, solidale,
progressista. Quella che odia l’indifferenza, che sfata i falsi miti, che ripudia
i modelli ingannevoli e fasulli e combatte il degrado culturale, quella che
vuole costruire anziché distruggere, contro la paura e l'odio.
Muore
per l’amore, per la verità, per la giustizia, per nulla.
Per
una violenza cieca, assurda e senza senso, che ancora una volta ha decapitato
una giovane vita e spento quel naturale, bellissimo sorriso, che trasmetteva e
significava entusiasmo, passione di un ragazzo che accarezzava il sogno di un’Europa
vera, senza confini e senza pregiudizi. (Alfredo Laurano)
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